giovedì 27 novembre 2014

Salviamo Roma!

- Stabili abbandonati + start up per giovani disoccupati!




da romatoday.it

Blitz di Gioventù Nazionale negli stabili abbandonati a Roma
La scorsa notte i militanti di Gioventù Nazionale hanno affisso degli striscioni su degli immobili abbandonati a Roma, in quanto simboli di spreco e di incuria da parte dello Stato. "Meno stabili abbandonati, più start up per giovani disoccupati" il messaggio lanciato dal movimento giovanile di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale. La proposta è quella di trasformare queste strutture in incubatori d'impresa, per combattere il degrado e ridare speranza nell'affrontare l'attuale crisi economica ed occupazionale.
«Nelle ultime settimane - dichiarano i dirigenti del movimento - un sentimento popolare di riscossa sociale sta attraversando finalmente il nostro Paese. Lo dimostrano le numerose manifestazioni di piazza che rivendicano la sacrosanta assegnazione delle case popolari agli italiani che ne hanno diritto. A queste iniziative spontanee Gioventù Nazionale vuole offrire il proprio supporto con una proposta mirata a premiare tutti quei giovani con idee e progetti meritevoli, ma privi dei mezzi per poterle realizzare. Gli incubatori di impresa sono uno strumento che favorisce la nascita e la crescita di nuove aziende attraverso la condivisione di spazi e risorse, la fruizione di servizi specialistici, l'accesso a reti di conoscenze e ambienti destinati all'utilizzo diretto da parte delle imprese. Si tratta di un sistema che ha già dimostrato di funzionare in alcune realtà del Nord Italia ed è arrivato il momento di incentivarlo. Proponiamo dunque che gli enti pubblici proprietari di questi stabili lancino un bando destinato a giovani aspiranti imprenditori e PMI nate da pochi mesi e che i progetti considerati migliori abbiano la possibilità di accedere a questi incubatori ed avviare una startup. Siamo stanchi di vedere persone costrette ad occupare spazi, mandarli meritevolmente avanti, ed essere catalogati come fuori legge. E' ora che lo Stato cominci a fare lo Stato, mettendo questi spazi a disposizione dLa proposta è quella di trasformare queste strutture in incubatori d'impresa, per combattere il degrado e ridare speranza nell'affrontare l'attuale crisi economica ed occupazionale.ella collettività».

giovedì 20 novembre 2014

Obiettivo Europa


OBIETTIVO EUROPA
VERSO UNA NUOVA GUERRA FREDDA?

A 25 anni dalla caduta del muro
un mondo pronto allo scontro e un' Europa divisa

Ore 18:30 / Via delle Terme di Traiano 15/a

mercoledì 12 novembre 2014

Gorrini, quel «top gun» (di Salò) che terrorizzava le Fortezze volanti



da corriere.it

Nell’Aeronautica militare italiana era una specie di leggenda: l’ultimo degli «assi» - e a detta di tanti il migliore - del cielo. Luigi Gorrini, questo il suo nome, si è spento a Piacenza, all’età di 97 anni. Durante la Seconda guerra mondiale abbattè 24 aerei, a sua volta fu abbattuto 5 volte, lanciandosi con il paracadute e restando vivo, nonostante gravi ferite, grazie a circostanze che ebbero del miracoloso. Atterrando su stagni e chiome di alberi che attutirono la violenza dell’impatto.
«Con Salò perché volevo difendere le città dai bombardamenti»
Meglio chiarirlo subito: gli aerei abbattuti erano tutti inglesi e americani, Spitfire, Mustang, Lightning, Fortezze volanti. Perché dopo l’8 settembre Gorrini, senza esitazioni, lasciò la Regia Aeronautica per volare sui caccia della Repubblica Sociale di Salò. Un’adesione spiegata così: «Dopo aver volato per tre anni fianco a fianco con i piloti tedeschi, sulla Manica, in Nord Africa, Grecia, Egitto, Tunisia e - infine - sulla mia patria, avevo fatto amicizia con alcuni di loro... non volevo fare la banderuola, per dire così, e forse sparare sui miei amici tedeschi. Inoltre, volevo proteggere le città del Nord Italia dai bombardamenti indiscriminati, per quanto possibile».
Ufficiale solo dopo la pensione
Gorrini entrò in Aeronautica giovanissimo. Pilota sottufficiale. Ufficiale lo diventò soltanto dopo la pensione, nel 1979. Finita la guerra, era rientrato nei ranghi dell’Aeronautica militare nonostante l’opposizione iniziale del comando alleato, che non aveva dimenticato come l’aviatore italiano pareva aver fatto quasi un fatto personale di quei duelli in cielo contro i caccia di Raf e Air Force. Volando con le insegne di Salò, Gorrini abbattè diversi bombardieri in missione nel Nord Italia. «Inventò» una tecnica di attacco che gli valse l’ammirazione della Luftwaffe dalla quale ricevette anche due Croci di guerra. In sostanza, superava la quota di volo dello stormo avversario per poi buttarsi giù in picchiata a tutta velocità, quasi come un kamikaze, individuando il bersaglio che cercava di colpire avendo a disposizione solo una manciata di secondi. Manovra che terrorizzava i mitraglieri avversari ma che per il pilota era rischiosissima, aumentando il rischio collisione con i bombardieri.
Medaglia d’oro nel 1958
Nel 1958, conflitto finito, dall’Aeronautica - che oggi in una nota «esprime il cordoglio per la morte dell’ultimo grande Asso» - ricevette una medaglia d’oro, unica decorazione concessa a un militare di Salò.

martedì 11 novembre 2014

Gioventù Nazionale. Bliz all’Angelus: “Dopo il Muro di Berlino, giù quello dell’eurocrazia”


Berlino. 9 novembre 1989. Metri cubi di cemento dividono un unico popolo. Quella stessa notte, i berlinesi, scrivono la storia. Mossi da sentimento comune, si riversano per le strade, nemmeno l'esercito riesce a placare la rabbia, l'amore e il coraggio di una comunità che non si arrende. È una terra che vuol vedere riuniti i propri figli. Sembra di vedere quegli uomini, che tra le parole dei pink Floyd in "the wall" abbattono il muro dell'odio. È l'esempio di quelle mani, che oggi vogliamo condividere, per provare a diffondere con entusiasmo la consapevolezza che un popolo unito può vincere ogni battaglia e abbattere ogni muro, anche i più insidiosi, come quelli invisibili delle lobby e dei tecnocrati. Ci vogliono divisi =più facili da controllare. la nostra sfida è riscoprirci uniti e sovrani=impossibili da domare.
"Tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos'è la libertà. E non soltanto questi lupi sono forti in sé stessi, c'è anche il rischio che, un brutto giorno, essi tramettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in un branco. È questo l'incubo dei potenti." Junger

da barbadillo.it
I militanti di Gioventù Nazionale Roma erano presenti all'Angelus in piazza San Pietro per ricordare il ruolo di Giovanni Paolo II nella caduta del Muro di Berlino. I militanti del movimento giovanile di Fratelli d’Italia hanno sventolato bandiere tricolore e srotolato uno striscione recante la scritta "25 anni dopo gli eroi di Berlino, l'Europa reclama ancora libertà". Con questo blitz hanno voluto chiedere a Papa Francesco un impegno per abbattere quelle barriere invisibili che dividono i popoli e le nazioni del continente europeo e per ribadire che un popolo unito può vincere ogni battaglia e abbattere ogni muro, anche i più insidiosi, come quelli invisibili della tecnofinanza e dell'eurocrazia. (com)

martedì 4 novembre 2014

4 novembre, non passa lo straniero!


"Cento anni fa migliaia di italiani, durante la prima Guerra Mondiale, si sacrificarono per scacciare i Potentati Europei che invadevano le nostre Terre.

É passato un secolo ma sembra non essere cambiato nulla, i Paesi europei sono privi di sovranità, succubi delle banche, vittime della tecnofinanza e delle lobbies.
Dobbiamo smettere di essere asserviti alle banche e ai poteri forti, dobbiamo smettere di parlare male senza lottare, senza cercare di creare soluzioni valide e reali per cambiare veramente le cose in Italia. Il 4 Novembre vinciamo l'Europa delle lobbies e cacciamo i banchieri dalla Nostra Terra. " 

Gioventù Nazionale Roma

martedì 28 ottobre 2014



Gioventù Nazionale lancia la campagna "Non chiudete quella porta" per l'accesso alle Garanzie Giovani, progetto dell'Unione Europea a sostegno della "Generazione N.E.E.T."

Per saperne di più

domenica 26 ottobre 2014

Il 20 novembre il film sulla strage partigiana. Ed è subito boicottaggio


da secoloditalia.it
È fissata per il 20 novembre l’uscita del film Il segreto di Italia del regista Antonello Belluco. Una storia d’amore (la protagonista è Romina Power) ambientata nella campagna veneta nella primavera del 1945, durante la sanguinosa guerra civile che produsse l’orrenda strage di Codevigo di cui si fa fatica ancora oggi a parlare.

Orrore a Codevigo

Codevigo, paesino della Bassa Padovana, visse giornate crudeli: a partire dal 28 aprile i partigiani della 28esima Brigata Garibaldi, comandati da Arrigo Boldrini detto Bulow,  uccisero senza processo e dopo crudeli torture uomini e donne dell’esercito della RSI e civili rastrellati e sospettati di simpatie fasciste. Le esecuzioni – 365 gli scomparsi ma poco più di cento i corpi ritrovati – avvennero di notte, spesso sulle sponde del fiume che scorre nei pressi di Codevigo e i cadaveri gettati nelle acque o in fosse comuni. Un odioso crimine di cui si leggeva un tempo solo nei libri del senatore missino Giorgio Pisanò e successivamente ne I giorni di Caino di Antonio Serena (ex senatore leghista).

La maestra Corinna Doardo

Poi un libro di successo come Il sangue dei vinti di Giampaolo Pansa ha rievocato i massacri compiti dai partigiani dopo il 25 aprile 1945 e anche la sorte dei fascisti uccisi a Codevigo tra cui la maestra Corinna Doardo, che fu rapata a zero e portata in giro per le vie del paese prima di essere uccisa.  La sottoposero a sevizie tali che il medico accertò che solo un orecchio era rimasto intatto, la fucilarono e abbandonarono il cadavere nudo nel cimitero. Gli avvenimenti di Codevigo sono ricordati ora nel film di Belluco che già denuncia boicottaggi contro di lui.

Le sale rifiutano la proiezione

“Qualcuno – ha detto al Giornale – ha detto che il film è bello aggiungendo però che non lo poteva proiettare perché sono i partigiani a decidere”. Eppure Belluco, che ha ricevuto un contributo dalla Regione Veneto, non vuole essere etichettato come “revisionista”: “Racconto stati d’animo individuali e i sentimenti di una comunità all’interno di fatti terribili realmente accaduti”. Infine, gli è arrivata anche la raccomandata dell’avvocato del figlio di Arrigo Boldrini con la richiesta di visionare il film a tutela, si immagina, della reputazione del comandante Bulow. “Un’assurda limitazione della mia libertà di espressione”, lamenta Belluco.

sabato 25 ottobre 2014

Il Lavoro è un Diritto!





Articolo 18: Blitz di “Gioventù Nazionale” Colle Oppio al corteo della Cigl.

“Il lavoro è un diritto! Giù le mani dall’Articolo 18” con questo striscione, esposto su via Labicana, i militanti della sezione romana di Colle Oppio di “Gioventù Nazionale”, organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia, hanno fatto capolino al corteo organizzato questa mattina dalla Cgil contro il Jobs Act.

«Abolire l’Articolo 18 non porterà di certo maggiore occupazione, quella norma è frutto di importanti lotte sociali e andrebbe piuttosto estesa a tutti i lavoratori. Se i datori di lavoro hanno difficoltà ad assumere, non si può pensare di risolvere il problema dando loro la possibilità di licenziare senza giusta causa. Verrebbero così legalizzate nuove forme di schiavitù, oltre a produrre ulteriore precarizzazione e abbassamento dei salari».

Lo rivendicano in una nota gli attivisti, ribadendo quanto già espresso nelle scorse settimane, quando hanno affisso manifesti in tutta Roma.

«Abbiamo voluto compiere questo gesto eclatante - spiegano - anche per lanciare un segnale ai sindacati, che oggi scendono in piazza dimenticando come in questi anni abbiano svenduto i diritti dei lavoratori. Non sono credibili e non ci stupiremmo se quella di oggi si rivelasse l’ennesima manifestazione di facciata, a discapito dei lavoratori che fanno finta di rappresentare. 
Ma c’è anche un problema di metodo: non si possono approvare provvedimenti così delicati esautorando il parlamento, tramite deleghe in bianco e votazioni in tarda notte con la scure del voto di fiducia sulla testa. Il tutto mentre il Presidente del Consiglio si trovava già a Milano per brindare con Merkel e Hollande. Sorge il sospetto che si tratti del prezzo da pagare da un Governo che, non avendo ricevuto alcun mandato diretto da parte del popolo, non è al popolo che si sente in dovere di rispondere. 

E non vorremmo che l’abolizione dell'art. 18 fosse solo un feticcio ideologico utile a spostare i riflettori da quelle che sono le vere sfide: detassare il lavoro; difendere il Made in Italy dalla concorrenza sleale; superare le discriminazioni tra lavoratori di serie A e lavoratori di serie B; livellare i diritti verso l’alto e non verso il basso, per tutti.

Questioni alle quali Renzi non ci sembra stia fornendo brillanti risposte».

lunedì 20 ottobre 2014

La storia (di G. de Turris). La strage Usa dei piccoli di Gorla e il dovere del ricordo


da barbadillo.it

Avrebbe un grande significato simbolico e un impatto emotivo nel difficile momento che sta attraversando questo disgraziato Paese, se una importante autorità pubblica nazionale si recasse a Gorla, quartiere alla periferia di Milano, il prossimo 20 ottobre.

Magari il presidente della Repubblica che rappresenta di tutti gli italiani. Magari il presidente del Consiglio, se nel suo forsennato attivismo capisse l’importanza del gesto, lui che non ha ancora 40 anni e potrebbe far capire meglio di tutti come sia necessaria l’unità della nazione oggi.

Già, ma cosa è successo a Gorla la mattina del 20 ottobre 1944? 

Quel giorno Milano, città totalmente indifesa e alla mercé del nemico, subì una serie di bombardamenti a stabilimenti industriali di scarsissimo interesse militare, non prioritari come obiettivi di guerra. Il 451° Bomb Group americano aveva come bersaglio la Breda, ma sbagliò la rotta di avvicinamento: impossibilitato a ripetere la manovra, il comandante della squadriglia prese una decisione incosciente e criminale, disfarsi subito del carico di bombe dei suoi 35 aerei e non aspettare invece di essere sulla campagna o sul mare. Il risultato fu che gli ordigni piovvero sui quartieri periferici milanesi di Gorla, Turro e Precotto seminando morte e distruzione sui civili. 

Tra le altre costruzioni venne centrata in pieno la scuola elementare “Crispi” di Gorla: non si salvò nessuno, perirono 184 bambini fra i 6 e i 12 anni e una ventina fra insegnanti, preside e bidelli. Una carneficina che ispirò a Gimo Boccasile uno dei famosi manifesti nel suo inconfondibile stile (in foto in alto). “E’ probabilmente il più grave crimine di guerra dovuto ai bombardamenti alleati su l’Italia”, scrive Claudio Mauri. Ecco quel che avvenne a Gorla il 20 dicembre di 70 anni fa.

Mauri, giornalista e romanziere, su questo terribile fatto che ancora la maggior parte degli italiani ignora o ha dimenticato, ha costruito un drammatico atto unico (Il male viene dal cielo, Tabula Fati, p.70, euro 7) che presenta sul palcoscenico un angoscioso e angosciante faccia a faccia tra la famiglia di uno dei bimbi morti tra le macerie della scuola ed uno dei piloti responsabili dell’eccidio giunto in vacanza con la moglie a Milano negli anni Settanta: un pilota, quasi ignaro del suo misfatto, che viene esso di fronte alle proprie responsabilità ed agli effetti di una scelta incosciente e criminale.

Nella sua prefazione al testo, il professor Alessandro Colombo, docente di relazioni internazionale alla Università statale di Milano e autore de La guerra integrale (Il Mulino, 2009), nota come i bombardamenti sulle città durante l’ultima guerra siano stati “una strategia consapevole e ripetuta da tutte le parti. Poiché le potenze democratiche vincitrici non vi hanno ricorso meno – anzi, se mai ne hanno fatto ricorso di più – delle potenze totalitarie sconfitte”, e inoltre che “più spesso ancora che come espedienti disperati per evitare la sconfitta, i bombardamenti sono stati impiegati come strumenti ‘parsimoniosi’ per accelerare la vittoria”. 

Si trattò, senza ombra di dubbio di “bombardamenti terroristici”, cioè usati per seminare il terrore fra la popolazione civile (il moral bombing teorizzato dagli inglesi sin dagli anni Venti), come quella dell’Italia settentrionale nel 1844-5 praticamente indifesa dalle offensive aeree.

Ormai dopo tanto tempo non è che si possa ignorare tutto ciò: libri documentati ve ne sono, da quello lontano di Giorgio Bonacina (Obiettivo Italia, Mursia, 1970) a quello di Achille Rasteli dedicato a Milano (Bombe sulla città, Mursia, 200), a quelli più recenti di Federica Saini Fasanotti (La gioia violata, Ares, 2006) e di Marco Patricelli (L’Italia sotto le bombe, Laterza, 2007). Secondo l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito le vittime civili dei bombardamenti anglo-americani sul nostro Paese sono state 25.000 nel 1940-3 e altre 39.000 nel 1943-5.

Come scrive Claudio Mauri introducendo la sua opera teatrale, “il nostro Paese vive dal dopoguerra in una sorta di sindrome di Stoccolma verso i vincitori ritenendo che qualsiasi azione bellica compiuta nel nome di una guerra contro il nazifascismo sia in ogni cado giustificabile”.

Tanto è vero che la carneficina di Gorla resta un fatto tutt’al più locale senza alcun risonanza nazionale rispetto a quelle compiute dai tedeschi delle quali nessuna è dimenticata. Nel 1947 i genitori di quei piccoli morti eressero a loro spese un monumento, opera dello scultore Remo Brioschi, con i marmi donati da La Rinascente e l’acciaio donato dalla Falck. La tragedia la si ricorda quasi in privato con rappresentanti delle istituzioni locali. 

Non si tratta di una strage nazista, i duecento morti non li hanno fatti le SS. E’ amaro doverlo dire, ma è proprio così. Lo dimostra il sito del comune di Milano dove si ricorda la visita del sindaco Pisapia il 20 ottobre 2013 a Gorla: “Il Comune di Milano – ha spiegato il Sindaco – è pronto a ricordare in modo speciale [nel 2014] i propri martiri, coinvolgendo la città, e facendo conoscere un dramma che ancora troppi non conoscono. Coltivare la memoria di Gorla vuol dire essere italiani sino in fondo, vuol dire amare la nostra democrazia”. Belle parole certamente, ma essere “italiani sino in fondo” significa anche essere meno ipocriti e tartufeschi indicando i responsabili del massacro, cosa che ci si guarda accuratamente di fare, non si tratta mica di una efferata “strage nazifascista”!


Ecco perché forse la presenza del capo dello Stato o del presidente del Consiglio, accanto al sindaco Pisapia (se manterrà la sua promessa del 2013) sarebbe fondamentale per ricordare a questa nazione che tutti i morti sono uguali: e quelli uccisi dai soldati della Wehrmacht e quelli uccisi dagli aviatori dell’USAF. Non si deve dimenticare nessuno, come non si deve giustificare nessuno.

Politica. Meloni (Fdi) a Reggio Calabria: “Italia lasciata sola dall’Ue sull’immigrazione”



da barbadillo.it

“L’Italia è stata completamente abbandonata dall’Unione Europea che è incapace di prendersi le proprie responsabilità”: è questa la presa di posizione del presidente nazionale di FdI-An, 

Giorgia Meloni, durante la manifestazione nazionale del partito a Reggio Calabria.
“Dicono a noi – ha spiegato  - che dobbiamo fare i compiti a casa, ma gli stessi compiti l’Europa non li fa. E il Governo accetta di essere abbandonato. Chiediamo che l’Europa si carichi del fenomeno dell’immigrazione. È un fenomeno che l’Italia non può affrontare da sola. Un anno dopo Mare Nostrum Fratelli d’Italia viene a Reggio Calabria per dire che questa iniziativa è stata un’operazione fallimentare, sia sul piano del tentativo di governare il fenomeno migratorio, sia sul piano umanitario”.

Preferenza nazionale


Per la Meloni “il risultato fallimentare è costituito dai cento milioni di euro spesi solamente per Mare Nostrum, più i 30 euro che costa qualunque immigrato richiedente asilo o metta piede sul nostro territorio nazionale. Anche qui è curioso: lo Stato italiano spende 30 euro al giorno per ogni immigrato, che sono 900 euro al mese. E nella stessa nazione si ritiene che un anziano possa vivere con una pensione sociale di 480 euro”.

domenica 12 ottobre 2014

No al Parco dormitorio!



Ieri pomeriggio abbiamo pulito il Parco del Colle Oppio e svolto un volantinaggio per la riqualificazione del parco, chiedendo alle istituzioni capitoline e municipali maggiore sicurezza e maggior decoro!


Da qualche mese a questa parte il Parco del Colle Oppio, uno dei più belli di Roma, vetrina della Capitale per milioni di turisti, è diventato nuovamente una tendopoli dove centinaia di immigrati dormono e bivaccano. Siamo al paradosso che a 100 metri di distanza si parla di valorizzazione dei Fori mentre nel Parco ci sono problemi di igiene e di sicurezza, che trasformano il centro di Roma in una città del terzo mondo, a cui si aggiunge anche la preoccupazione per le precarie condizioni di queste persone, che sono costrette a dormire per terra e con l’arrivo dell’inverno saranno costrette a scaldarsi con qualche rimedio di fortuna. E’ una situazione non più tollerabile, quanto sta accadendo nella nostra città, e in particolare in questo storico Rione, ci preoccupa fortemente. C’è grande allarme soprattutto tra i cittadini che pagano gli errori del centrosinistra sulle politiche della sicurezza e sull’immigrazione selvaggia, sono ormai quotidiane le notizie di scippi, spaccio di droga e risse che avvengono all’ Esquilino e in particolare nel parco di Colle Oppio.                                        

NO AL PARCO DORMITORIO!

mercoledì 8 ottobre 2014

Giù le mani dall'articolo 18





Questa notte i ragazzi della sezione "Colle Oppio" di Gioventù Nazionale, l'organizzazione giovanile di Fratelli d'Italia, hanno attaccato diversi striscioni sui muri della città di Roma per protestare contro le proposte del governo Renzi di abolire l'articolo 18 per alcune categorie, ed in particolare per i più giovani.
"La crisi non si combatte riducendo i diritti, ma aumentandoli" ha dichiarato Francesco Todde, responsabile della sezione. "L'idea di abolire i diritti perché non tutti ne possono usufruire è semplicemente ridicola: l'articolo 18 è frutto di lotte sociali importanti, e andrebbe piuttosto esteso a tutti i lavoratori".
"Abolito l'articolo 18 i lavoratori saranno alla mercé del datore del lavoro, senza diritti e sottomessi alla concorrenza fondata non sulla qualità e sul merito, ma sulla disponibilità e sulla sottomissione. Abolire l'articolo 18 significa ripristinare la schiavitù, e cancellarlo proprio per i più giovani comporterà un aumento di precarietà e una riduzione delle già poche tutele a favore dei ragazzi, già gravemente penalizzati.
Nessun posto di lavoro verrà creato con questa folle misura. Piuttosto chiediamo a Renzi di procedere all'immediata abolizione delle tasse sul lavoro, e l'estensione delle tutele previste dall'articolo 18 anche ai lavoratori che oggi non usufruiscono di questo diritto".

da tusciatimes.eu

ROMA- Questa notte i ragazzi della sezione “Colle Oppio” di Gioventù Nazionale, l’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia, hanno attaccato diversi striscioni sui muri della città di Roma per protestare contro le proposte del governo Renzi di abolire l’articolo 18 per alcune categorie e in particolare per i più giovani. 

«La crisi non si combatte riducendo i diritti, ma aumentandoli». ha dichiarato Francesco Todde, responsabile della sezione. «L’idea di abolire i diritti perché non tutti ne possono usufruire – continua – è semplicemente ridicola: l’articolo 18 è frutto di lotte sociali importanti, e andrebbe piuttosto esteso a tutti i lavoratori. Abolito l’articolo 18 i lavoratori saranno alla mercé del datore del lavoro, senza diritti e sottomessi alla concorrenza fondata non sulla qualità e sul merito, ma sulla disponibilità e sulla sottomissione. 

Abolire l’articolo 18 significa ripristinare la schiavitù, e cancellarlo proprio per i più giovani comporterà un aumento di precarietà e una riduzione delle già poche tutele a favore dei ragazzi, già gravemente penalizzati. Nessun posto di lavoro verrà creato con questa folle misura. Piuttosto – conclude – chiediamo a Renzi di procedere all’immediata abolizione delle tasse sul lavoro, e l’estensione delle tutele previste dall’articolo 18anche ai lavoratori che oggi non usufruiscono di questo diritto».


da romatoday.it

"Giù le mani dall'art. 18", il blitz di 'Gioventù nazionale' sui muri di Roma
"Abolire le tasse sul lavoro. Non i diritti. Giù le mani dall'articolo 18”. E' questa la scritta che nella notte è comparsa su alcuni muri della città. Il blitz contro il governo Renzi è della sezione 'Colle Oppio' di Gioventù Nazionale, l'organizzazione giovanile di Fratelli d'Italia. “La crisi non si combatte riducendo i diritti, ma aumentandoli” ha dichiarato Francesco Todde, responsabile della sezione. “L'idea di abolire i diritti perché non tutti ne possono usufruire è semplicemente ridicola: l'articolo 18 è frutto di lotte sociali importanti, e andrebbe piuttosto esteso a tutti i lavoratori”.
Per Gioventù nazionale l'abolizione dell'articolo 18 andrebbe a pesare sulle condizioni dei lavoratori “alla mercé del datore del lavoro, senza diritti e sottomessi alla concorrenza fondata non sulla qualità e sul merito, ma sulla disponibilità e sulla sottomissione” continua la nota che spiega l'azione di protesta.
Colpiti anche i più giovani:“Abolire l'articolo 18 significa ripristinare la schiavitù, e cancellarlo proprio per i più giovani comporterà un aumento di precarietà e una riduzione delle già poche tutele a favore dei ragazzi, già gravemente penalizzati. Nessun posto di lavoro verrà creato con questa folle misura”.

lunedì 29 settembre 2014

Contro il male e le tenebre

Con la spada e la fiaccola


da azionetradizionale.com

L’estate se ne va. 
Il caldo e le giornate di Sole lasciano il posto al primo freddo e alle fitte piogge autunnali. La natura cambia aspetto: arriva la stagione della semina, le giornate si abbreviano, il buio cala e il Sole si ritira. Con esso i colori cambiano: non più quelli sfavillanti della primavera o l’intensità di quelli estivi, le foglie si fanno rosse, marroni e di altre mille tonalità, danno un segno distintivo a questo periodo dell’anno. Tra il grigiore della città ed il clima piatto quasi non ci si accorge del cambiamento: basta un’uscita in montagna, dove tutto ha forma originale e originaria, per rendersi conto della diversità tra i vari momenti.
Come il ciclo solare prevede momenti in cui il sole è al suo massimo splendore e si manifesta in tutta la sua forza come nel Solstizio d’Estate, così nel periodo dell’Equinozio esso si ritira lentamente, per poi risplendere e tornare vittorioso nel magico momento del Solstizio d’Inverno. Equinozio: le ore di luce si equivalgono a quelle delle tenebre. E’ in quello d’autunno che le civiltà tradizionali seguivano il ritmo cosmico dettato dal Sole, in analogia con il contadino che getta il seme nel campo che donerà i suoi frutti. Come lui anche l’uomo d’oggi, se capace di seminare bene in sé stesso, vedrà il fiorire di buoni frutti nel periodo adatto. E’ così che si attendeva la nuova “nascita” del Sole, pronto a dare luce nella vittoria del “Natalis Solis Invicti”. L’autunno, in termini cosmici corrisponde al tramonto (Ovest) e, più in generale, all’età nella quale viviamo, denominata Kali-Yuga o età del ferro, “dove predominano l’ingiustizia, la morte e il dolore. In questa fase ‘fa da re’ il potere economico, l’uomo è impegnato esclusivamente alla ricerca del ‘benessere a tutti i costi’, dimenticando il suo rapporto con il divino. (…) La funzione regale, presente e naturale nell’età dell’Oro, ora si è ritirata e non è più manifesta.” 
In questo periodo, “ciò che era visibile ora torna a nascondersi e progressivamente si avvicina la stagione oscura e fredda. In questo periodo, non a caso, si celebra la ricorrenza dei morti (…). La luce dell’essere si ritrae dall’esterno, come se vi fosse una lenta morte che avvolge tutta la Natura.” 
Ed allora il destino di chi vuole rimanere in piedi è quello di fare luce tra le tenebre, di essere lui stesso luce tra il buio che cala. Non vi è più segno del ritmo solare, nelle città è impossibile vedere un tramonto o un’alba, le stelle non guidano più i navigatori in mezzo al mare e le città sono piene di luci artificiali, come ad esorcizzare la notte.
E’ qui che deve affermarsi l’eroe, armato di spada e fiaccola, la prima per combattere il nemico, l’altra per simboleggiare la veglia durante la notte. In questo momento, più che mai, vige l’ordine: restare in piedi su di un mondo di rovine! L’ora in cui il militante della Tradizione prende su di sé le responsabilità ed è pronto a testimoniare che il principio luminoso è solo sopito, ed è pronto a risplendere. Contro ogni tenebra dello spirito.

Chi difende tutti difende se stesso...


martedì 19 agosto 2014

PATER PATRIAE


Vergarolla, la strage dimenticata.


da futuroquotidiano.com
Ci sono molte vicende oscure della storia che il potere ha voluto paludare. 
Esistono ingiustizie che ancora gridano verità. Non si contano i morti cancellati per calcoli internazionali. Per molti si tratta di inevitabili “corsi e ricorsi della storia” che non ci toccano da vicino. Eppure tutto questo – e molto altro – hanno vissuto i nostri connazionali sul confine orientale d’Italia prima e dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Istria, Fiume e Dalmazia: nomi di regioni e città che forse non dicono molto alle giovani generazioni ma che, fino a pochi decenni fa, sono state parti integranti dello Stivale. 
Grazie all’istituzione della “Legge del Ricordo”, nel 2004, si è in parte fatto luce sulla loro storia e, soprattutto, sono stati riconosciuti dalle Istituzioni gli eccidi delle foibe ed il conseguente esodo di circa 350.000 italiani. Ma oltre sessant’anni di silenzio sono difficili da colmare e le drammatiche “storie nella Storia” – completamente dimenticate – sono tutt’oggi numerose. Una in particolare. Della più grande strage di connazionali in tempo di pace della storia della Repubblica italiana, infatti, finora se ne è parlato pochissimo e soltanto in specifici ambienti culturali. 

L’innegabile e recente merito di averlo portato alla ribalta nazionale è di Simone Cristicchi e Jan Bernas, attraverso un toccante brano dello spettacolo “Magazzino 18”.

La storia


Domenica 18 agosto 1946. La Guerra è da poco finita e l’Istria è occupata dai comunisti del maresciallo Tito. Da anni è in atto la stagione del terrore e della pulizia etnica ai danni degli italiani. Il “lungo esodo” è già iniziato. Ma non da Pola che, ancora, è amministrata dalle truppe britanniche. La morte in questa città viene portata a Vergarolla, una famosa spiaggia gremita di partecipanti in occasione delle locali gare di nuoto. Inizia tutto con un grande boato: scoppiano alcune mine antinave incustodite. Vengono letteralmente polverizzate intere famiglie, il mare si tinge di rosso al punto che per molto tempo nessuno mangerà più pesce: più di un centinaio i morti, di cui solo 64 identificati. Altrettanti i feriti. 
Non mancano gli atti di eroismo: il dottor Micheletti perde i due figli, ma continua a prestare soccorso per oltre 48 ore. Sarà poi esule, per non trovarsi un giorno a “curare gli assassini della sua prole”.

Le ragioni dell’attentato

Raccontata così, la tragedia potrebbe sembrare una di quelle tante sciagure che avvengono di tanto in tanto. La guerra è cessata da oltre sedici mesi e le mine potrebbero essere esplose per caso. Ma non è la sorte a decidere in questa circostanza. Documentazioni e prove inconfutabili dimostrano che si è trattato, infatti, di una azione delle squadre di sabotatori dell’Ozna, la polizia segreta di Tito. L’intera Pola ha sentimenti italiani, infatti, e la cittadinanza aspira a restare legata alla Madrepatria. Tutti confidano sulle dichiarazioni di principio degli americani, secondo le quali ogni popolo dovrebbe avere “il diritto di poter decidere in piena autonomia del proprio destino”. La riunione di tanta gente sulla spiaggia, al momento della deflagrazione, non è dovuta solo alla gara tenuta della Società “Nautica Pietas Julia”, ma è l’occasione di una manifestazione di italianità. 
La stessa “Arena di Pola”, il quotidiano cittadino, reclamizza l’evento come filo-italiano.

Le indagini mancate e i documenti ritrovati


All’epoca, sul reale movente e sugli esecutori del vile attentato terroristico si indagò poco e male. Nessuno, forse, aveva la reale intenzione di individuarne con chiarezza le dinamiche. Ci sono volute decine di anni perché dagli archivi inglesi uscisse una documentazione capace, da sola, di fare piena luce. Il comando inglese diede mandato ad una Commissione d’inchiesta di individuare le responsabilità della strage. Quest’ultima giunse a concludere che le mine erano in stato di sicurezza, poiché disattivate e che alcuni testimoni, fra i quali anche un inglese, asserivano che poco prima dell’esplosione avevano udito un piccolo scoppio e visto un fumo blu correre verso le mine. Pertanto, nella relazione finale fu espresso il parere che “gli ordigni sono stati deliberatamente fatti esplodere da persona o persone sconosciute”. Esistono carte, poi, tratte dal “Public Record Office” di Londra tali da togliere ogni dubbio su quei fatti. Della documentazione fa parte una dettagliata informativa, datata 19 dicembre 1946, in cui si imputa chiaramente all’Ozna la paternità della strage. Il messaggio per gli italiani di Pola doveva essere chiaro e forte: restare e accettare il regime comunista, oppure lasciare da esuli l’Istria. 
E ottengono il risultato voluto. Ne consegue, infatti, il tristemente celebre esodo dalla città, culminato nel febbraio del 1947 con i viaggi del piroscafo “Toscana”.

Conoscere per costruire un futuro migliore

Solo il 18 agosto 2011 è stata posta una stele con i nomi e l’età di quegli innocenti che ancora gridano una giustizia che è stata a loro negata. 
A tanti anni di distanza dalla strage è un nostro dovere ricordare. 
E bisogna farlo non solo per la dignità delle vittime, ma per costruire un futuro migliore, impossibile senza la piena consapevolezza del nostro passato.

Carla Cace

lunedì 11 agosto 2014

«L’isola che c’è». Dal 17 settembre torna Atreju. Cambiano le sigle ma la kermesse della destra under trenta resiste alle tempeste


da secoloditalia.it

Cambiano le sigle, si disperdono i partiti, si frammentano le coalizioni ma la festa nazionale dei giovani di destra (provenienti da percorsi diversi) nel cuore della capitale sopravvive alle bufere. Anche quest’anno, a partire dal 17 settembre, si svolgerà Atreju, il tradizionale appuntamento che di fatto inaugura la stagione politica nazionale. Per la prima volta dal 1997 la più grande kermesse giovanile nazionale si svolgerà nella suggestiva cornice dell’Isola Tiberina: il titolo della manifestazione giunta alla 16esima edizione è emblematico: L’Isola che c’è. «In un’epoca nuova della politica italiana, tra stravolgimenti continui che disegnano una mappa del tutto diversa da quella degli ultimi vent’anni – si legge nell’invito – l’isola di Atreju vuole essere un approdo sicuro da cui ripartire e nel quale confrontarsi per tracciare la rotta del futuro». Quattrocentocinquantamila visitatori, 1200 volontari, 24 mostre, 50 spettacoli, 350 dibattiti con oltre 400 relatori, più di 8 mila pagina di rassegna stampa e 2 mila servizi filmati nelle più rilevanti televisioni d’Italia e d’Europa: sono i numeri che hanno consacrato Atreju come l’evento di apertura di ogni nuova stagione politica italiana. A calcare la scena della manifestazione saranno anche quest’anno i più grandi nomi della politica, della cultura, del giornalismo e della società italiana.
Il villaggio di Atreju sarà suddiviso in zone diverse destinate a ospitare le conferenze, gli spettacoli serali, i ristoranti e gli stand culturali e sociali. Patron della manifestazione, come ogni anno, Giorgia Meloni che in una lettera aperta ha sintetizza lo spirito dell’evento rivolgendosi all’enorme platea che ha partecipato al raduno nazionale a titolo diverso. «Per quelli che hanno consumato le proprie estati facendo su e giù dal soppalco di Via della Scrofa o nelle stanze dei palazzi istituzionali, telefonando a chi già da settimane se ne stava al fresco sotto un ombrellone. Per quelli che non hanno mai mollato, anche nel fango, quando la pioggia non ci dava tregua per giorni. Per quelli che erano sempre presenti quando c’era da montare la festa, sotto il sole. O quando c’era da rimontarla di nuovo, distrutta da un temporale notturno. Per gli impertinenti che non hanno avuto paura di alzarsi in piedi per una domanda scomoda, anche se ad ascoltarla era il Presidente del Consiglio. Per chi ha vissuto sulla propria pelle il brivido della storia che cambia, quando sotto un tendone al riparo dalla pioggia Nietzsche e Marx, finalmente, si sono dati la mano. Per i curiosi che non si sono persi neanche uno dei dibattiti in programma, senza bisogno di essere “consigliati” dai ragazzi dello staff. Per quelli che hanno riso, e pensato, quando uno scherzo ben riuscito ha strappato il velo dell’ipocrisia sulla politica italiana. Per chi pianse quella notte nel ricordo di Lucio Battisti, appena scomparso. Giusto in tempo per non morire mai più…». E ancora: Per quelli che aspettavano ore fuori ai cancelli, pur di essere in prima fila, a pochi metri da Max Pezzali, Irene Grandi, gli Zero Assoluto, Max Gazzè, Edoardo Bennato, Mario Biondi, Umberto Tozzi eccetera, eccetera. Per tutti quelli che c’erano nel settembre del 1998 e per quelli che ci saranno nel settembre del 2014, Atreju c’è. «Perché – conclude la leader di Fratelli d’Italia-An  – a destra d’Italia una comunità, ancora, c’è».