da lintellettualedissidente.it
 
Una marea giallorossa invade le strade di Barcellona. Quelle stesse strade in cui meno di una settimana fa si sono riversati gli indipendentisti, oggi sono state occupate da quella “maggioranza silenziosa” che ha ottenuto ben poco risalto dai media ufficiali, ma che esiste e oggi ha fatto con forza sentire la sua voce. Nata da un gruppo di tre persone sui social network, il passaparola si è ingigantito fino raggiungere dimensioni oceaniche. “Non si tratta di un movimento, questo è un popolo” dice Pablo, che arringa la folla da una camionetta in mezzo alla piazza. Tv 3, la tv pubblica catalana, apertamente schierata con gli indipendentisti, ha insinuato che tra gli organizzatori della manifestazione ci fossero “movimenti falangisti”. In realtà, vivendola dall’interno, la disorganizzazione di questa protesta altro non è che un segnale di una spontaneità evidente e chiara.

Chiara nei volti delle migliaia di persone oggi scese in Placa de Catalunya. Europeisti, unionisti, monarchici e perfino qualche decina di nostalgici franchisti, insieme per dire un secco no alla separazione della Catalogna e no al governo Puigdemont il cui nome e oggi è risuonato spesso associato alla parola golpista. Ci inoltriamo tra la folla incrociando gli sguardi di tanto giovani che hanno voglia di parlare con noi, di far sapere alla stampa che i catalani non la pensano tutti allo stesso modo.

Jorge, studente di giurisprudenza, è in piedi agganciato a un lampione, mentre sventola la bandiera spagnola. Ci dice che lui è qui perché crede fermamente in una Spagna unita: “Rispetto gli indipendentisti, tanti miei coetanei hanno votato si al referendum di settimana scorsa. Io però credo che la loro idea sia profondamente sbagliata, divisi non si va da nessuna parte. Vogliono far passare noi e la Guardia Civil come fascisti, in realtà noi siamo e resteremo semplicemente degli spagnoli che credono nella democrazia  e nella legge”.

La piazza è stracolma, tanto che per noi è difficoltoso muoversi; ci passa accanto Francisco, un anziano signore venuto da Girona (città culla dell’indipendentismo catalano).
Quello del referendum è stato un golpe, un vero tentativo di colpo di stato fatto dalle classi più ricche della Regione. Si fanno passare per comunisti ma non sanno nulla di quelli che sono i veri bisogni del popolo. Eccolo qui il popolo catalano!
Gli chiediamo se si sente rappresentato da questa Europa. “Noi siamo favorevoli all’Unione Europea – ci risponde indicando le tante bandiere blu che sventolano insieme a quella della corona spagnola – ma non ad un’Europa delle banche, noi siamo per un’Europa dei popoli, popoli che rispettano i confini e lo stato di diritto della nazione in cui vivono”. Riguardo alle violenze della guardia civil ci guarda e sorridendo dice “dura lex sed lex”
Mentre Francisco sta concludendo la frase, la folla alle sue spalle innalza una grande fotografia del re Filippo VI. La folla esplode in un applauso fragoroso. Chi pensava di vedere il popolo spagnolo distaccato dalla sua monarchia oggi è rimasto deluso.

Fa una strana impressione sentire bambini e adolescenti gridare “Viva el Rey! Viva la nuestra Patria!” con la stessa passione con cui vivono una partita allo stadio. Grida d’altri tempi riempiono la piazza insieme ai fischi, quando in lontananza appaiono le prime camionette degli odiatissimi Mossos d’Esquadra, colpevoli, secondo questa piazza, di aver mancato al loro giuramento.

“Codardi! Questa polizia non ci rappresenta! Viva la Guardia Civil! Traditori!. Slogan che parlano chiaro e scheggiano l’orgoglio ostentato dei militari catalano. I loro occhi non riescono a nascondere un certo dolore. Solo alcuni anziani lentamente di avvicinano per incoraggiarli e stringere loro le mani. Un gesto commovente, simbolo di una fraternità tra connazionali che resta radicata anche in mezzo alle difficoltà che oggi vive la penisola iberica. Ci raggiunge nuovamente Francisco: “Non so cosa accadrà in questi giorni, non so se Rajoy scioglierà il parlamento catalano né se Puigdemont proclamerà l’indipendenza. Non ho nemmeno paura, io ormai sono vecchio, le mie battaglie le ho già combattute… penso però a questi giovani, al futuro della Spagna“.