giovedì 22 novembre 2012
martedì 20 novembre 2012
Primarie Pdl, in campo Giorgia Meloni «Mi candido per dire no a Monti»
da ilmattino.it
ROMA - Giorgia Meloni sfida Angelino Alfano. L'ex ministro della Gioventù ha sciolto la riserva e ha deciso di correre alle primarie del Pdl. Meloni ha formalizzato la propria candidatura presentando la dichiarazione di disponibilità, prevista dal regolamento. Entro domenica alle 12, i candidati dovranno presentare le firme previste. Oltre al segretario del Pdl Alfano, alle primarie del Pdl potrebbero partecipare il leader dei cosiddetti "formattatori", Alessandro Cattaneo, Giulio Tremonti, Alessandra Mussolini, l'imprenditore Gianpiero Samorì, e il presidente della provincia di Milano, Guido Podestà.
No a Monti. «Penso che valga la pena di dire cose con chiarezza e capire quanto certe idee abiano un consenso», afferma Meloni, intervistata da Skytg24. L'ex ministro spiega di candidarsi per dire un «no chiaro al governo Monti», perché è stata un'esperienza «fallimentare». Alfano - dice tra l'altro Meloni - «deve chiarire se il Pdl sarebbe disponibile a sostenere Monti senza la sinistra ma con Casini e Montezemolo». Da parte dell'ex ministro resta però il «no in ogni caso» a un Monti-bis. «Non ho parlato con Berlusconi della mia candidatura alle primarie - aggiunge - ma ne ho parlato con tanta gente».
sabato 17 novembre 2012
Torte in faccia al governo tecnico!
da giovaneitalia.it
I militanti della Giovane Italia Roma, per festeggiare il 'compleanno' del Governo Monti, stanno manifestando goliardicamente a Via del Corso. Ai passanti che sottoscrivono il decalogo contro l'Agenda Monti prodotto dai ragazzi, viene consegnata una torta di gomma da tirare con gusto in faccia ai manichini del Governo Tecnico.
"Abbiamo scelto di festeggiare a modo nostro il primo e speriamo unico 'compleanno' del Governo Monti: una torta in faccia ai tecnici, perché il nostro popolo è stanco di essere preso in giro. Un Governo presentato come la ricetta contro la crisi, ma che in quest'anno è riuscito solo a far lievitare lo spread e il debito pubblico. Il Pil è crollato, la disoccupazione giovanile è aumentata così come l'inflazione, le PMI sono sotto una pressione fiscale devastante, ma la banche, quelle si, continuano ad arricchirsi. Per non parlare dei nostri Marò, ancora ingiustamente detenuti in India. Durante la manifestazione abbiamo presentato un decalogo per evidenziare i fallimenti di questo Governo e le nostre contro proposte sottoscritto nel corso della manifestazione da centinaia di persone. A Fini e Casini, vecchi volponi della politica, che in evidente crisi di consenso cercano di tornare al Governo ed anche ad alcuni esponenti del nostro partito ammaliati dalle sirene dei Tecnici, vogliamo ricordare che il Bis si chiede quando gli spettacoli sono ben riusciti e non agli evidenti fallimenti."
È quanto dichiara Cesare Giardina, presidente nazionale della Giovane Italia Roma.
Roma, 16 novembre 2012
mercoledì 14 novembre 2012
Rampelli: Pdl stacchi spina a Monti, voto unico
Il deputato del Pdl: "Chi piega le istituzioni
ai propri interessi di bottega
non può governare,
neanche provvisoriamente, con noi"
da laziocom.com
ROMA - "Sulla data delle elezioni regionali anticipate immaginavo che sarebbe finita così e ho tentato di mettere in guardia il PdL fin dal principio. E' una vergogna che un governo tecnico, che dovrebbe solo compiere scelte convenienti per gli italiani, si faccia tirare per la giacchetta dalla sinistra. La soluzione del voto a metà febbraio non è né carne né pesce, è solo uno spreco di soldi. Mario Monti, mentre non passa settimana senza che metta le mani nelle tasche di famiglie e imprese, senza peraltro portare a soluzione i problemi del debito pubblico e della disoccupazione (che crescono), della recessione (che resta invariata), della produzione (in costante calo), delle tasse (in costante aumento), decide di gettare dalla finestra oltre 100 milioni di euro, tanto ci costeranno le elezioni di Lombardia, Lazio e Molise a causa del diniego sull'election day”. E' quanto dichiara il deputato del PdL Fabio Rampelli
“Due e solo due potevano essere le soluzioni – prosegue Rampelli - elezioni anticipate immediate che giustificassero questo costo aggiuntivo per i contribuenti o accorpamento con le politiche di fine marzo. Che si vadano a celebrare elezioni regionali a poco più di un mese dalle politiche è uno schiaffo alla miseria, un pessimo e vergognoso segnale di insensibilità nei confronti delle famiglie in difficoltà, dei lavoratori esodati, degli inoccupati, delle decine di migliaia d'imprese che hanno chiuso o stanno per chiudere. Di questo risultato, insieme a Monti, è responsabile la sinistra che ha la presunzione di portare a casa, grazie all'ormai probabile alleanza con Casini, la vittoria alle regionali pensando che questo possa lanciarle la volata per le politiche. Uno squallido interesse di parte che meriterebbe una reazione adeguata dal PdL: staccare subito la spina al governo e andare a votare a febbraio anche per le politiche. Chi piega le istituzioni ai propri interessi di bottega non può governare, neanche provvisoriamente, con noi".
Giovani Pdl irrompono a riunione gruppo Bilderberg
da laziocom.com
l presidente della Giovane Italia Roma, Cesare Giardina: "Non potevamo non correre a gridare in faccia la nostra rabbia contro questa riunione di illuminati che da troppi anni influenza le economie mondiali soggiogando i Popoli e privandoli della Sovranità Popolare"
"Abbiamo organizzato questo blitz in pochi minuti, ma non potevamo non correre a gridare in faccia la nostra rabbia contro questa riunione di illuminati che da troppi anni influenza negativamente le economie mondiali soggiogando i Popoli e privandoli della Sovranità Popolare. Ci impressiona come queste riunioni nascano e si sviluppino nell'ombra: quasi nessuno infatti era a conoscenza di questo incontro e che ad esso partecipassero oltre a banchieri e a qualche giornalista selezionato, alcuni esponenti del nostro Governo. Vogliamo sapere cosa si dice in quella riunione. Vogliamo sapere perché 130 personalità influenti si accordino per decidere le sorti degli stati sovrani. Mario Monti ha il dovere morale di riferire il Parlamento sugli esiti di questo incontro, perché è una vergogna che un premier partecipi a riunioni segrete, nelle quali si influenzano negativamente i futuri dei popoli a guadagno della tecnocrazia e della finanza”. È quanto dichiara Cesare Giardina, presidente della Giovane Italia Roma.
da romacapitalenews.com
Di Matteo de’ Paoli- Gruppo Bildemberg, chi sono? Cosa fanno? Si sa pochissimo di loro. E’ noto che è un gruppo formato da personalità influenti in campo economico, politico e bancario. I partecipanti trattano una grande varietà di temi globali, economici, militari e politici. Inoltre è noto che il nome è stato preso da un hotel: Hotel de Bilderberg, a Oosterbeek, nei Paesi Baschi.
Ogni anno si riuniscono in alberghi o resort, in ogni parte del mondo, sempre tenendo il più alto livello di segretezza. Questa volta però, scegliendo Roma come punto di incontro, la voce della loro presenza si è diffusa con la velocità della luce. Anzi con la velocità di internet.
Abbiamo intervistato Cesare Giardina, presidente romano della Giovane Italia, che ieri, assieme al suo movimento giovanile, ha manifestato contro il Gruppo Bildemberg, compiendo anche un blitz.
Si parla del “Gruppo Bildemberg” a Roma, che cosa sta succedendo?
Abbiamo saputo ieri mattina della riunione del “gruppo Bildemberg”. Sapevamo che stavano dentro l’Hotel de Russie e in un primo momento siamo entrati dentro l’albergo facendo un blitz. Noi siamo intervenuti per segnalare la loro presenza alla cittadinanza.
Li avete trovati?
Inizialmente non li abbiamo trovati però sappiamo ormai con certezza che stavano lì. Sapendo che il Gruppo si è spostato ai musei capitolini, per avere conferma abbiamo chiamato il museo per tentare di prenotare una visita. L’ufficio ci ha detto che era impossibile. E’ stata quindi la conferma che c’era qualcosa di strano in atto. Ci siamo spostati lì e li abbiamo visti e abbiamo riconosciuto alcune facce. Abbiamo anche improvvisato un volantinaggio.
Che cosa fanno?
Sappiamo che fanno delle riunioni, che si svolgono tutte in gran segreto. In pochi conoscono realmente chi sono i membri. E sappiamo che decidono il destino di tante nazioni. La cosa più grave è che i mass media non ne parlano.
Voi cosa pensate?
E’ impensabile tutto questo e chiediamo al Presidente del Consiglio, Mario Monti, che riferisca riguardo alla vicenda. Ieri sera abbiamo avuto la conferma, vedendolo con i nostri occhi, che partecipavano anche dei membri del governo.
Quali saranno i vostri prossimi impegni?
Venerdì si celebra il primo anno di Monti. Lo “festeggeremo”distribuendo un decalogo: 10 punti contro l’agenda Monti.
martedì 13 novembre 2012
sabato 10 novembre 2012
Meloni: "Rifondare il PDL, più onestà e basta casting tv, il Monti Bis? preferisco la sconfitta"
da giorgiameloni.com
I dirigenti rimettano il mandato ad Alfano. Primarie, Berlusconi non farà scherzi
di Bruno Lugaro
«Ora primarie vere, Berlusconi non farà scherzi». L’ex ministro Giorgia Meloni è convinta che questa sia l’ultima occasione per rilanciare il Pdl e non esclude di giocare la partita in prima linea come esponente della “nuova destra”, erede dell’esperienza di An.
Onorevole, narrano di un ufficio di presidenza al calor bianco l’altropomeriggio.
«Io preferisco guardare alla sostanza: e la sostanza del vertice sa qual è? Che Alfano alla fine ha fatto il segretario dettando la linea, vivaddio».
E la linea quale sarebbe?
«Primarie vere, come la sottoscritta chiede da tempo».
Siete disposti anche a correre il rischio di un flop, visti i tempi ristretti ela disaffezione del vostro elettorato?
«Non vedo rischi del genere, se sarà una competizione vera, di idee, di modelli e non di personalismi. Il popolo italiano, con il voto in Sicilia, ci ha impartito una lezione e posso garantire che l’abbiamo capita. E finita la stagione dei partiti di plastica, autoreferenziali, nei quali le decisioni vengono prese da non più di 7-8 persone. E finita la stagione dei casting televisivi…».
Per la verità non sembra che tutti la pensino come lei all’interno delpartito. La Santanché ne farebbe volentieri a meno. E pure Berlusconi.
«Ma la decisione è presa. Ed io sono convinta che possano rappresentare un nuovo punto di partenza per il Pdl. Ci consentiranno di tornare a parlare di problemi concreti dell’Italia: dei non garantiti, della questione demografica, di una delle tassazioni più alte d’Europa che Monti ha aggravato. Dirò di più: io ho proposto le primarie anche per selezionare i parlamentari, nel malaugurato caso si tornasse a votare con le liste bloccate».
Le primarie come cura di tutti i mali: non le pare eccessivo?
«Non ho detto che siano sufficienti a guarire il Pdl. Il partito è da rifondare nei comportamenti e nei modelli. Oggi le parole d’ordine per noi devono diventare: merito, competenza, partecipazione e onestà. E un bel segnale sarebbe, a mio avviso, che tutti coloro che ricoprono incarichi dirigenziali apicali nel Pdl rimettessero il mandato nella mani del segretario, così da consentire ad Alfano una riorganizzazione complessiva».
Dopodiché, ci sara da individuare una linea politica chiara, ci pare:perché mezzo partito spinge per un Monti bis e l’ altra metà piuttosto sifarebbe arrostire.
«Volevo arrivare proprio lì. Noi dobbiamo capire dove posizionare il Pdl. Io respingo fermamente l’idea di una legge elettorale che spiani la strada al Monti bis. Noi dobbiamo garantire davvero ai cittadini la possibilità di scegliersi il prossimo governo e difendere con i denti quella che è stata una nostra conquista: il bipolarismo».
Ma l’intesa raggiunta da Pdl e Udc non va nella direzione da leiauspicata.
«I giochi sono ancora aperti, per fortuna. Ed io voglio dire con chiarezza che è meglio perdere dignitosamente piuttosto che lavorare per l’ingovernabilità del paese. Oltretutto non mi sembra che i risultati fin qui conseguiti da Monti giustifichino la sospensione della democrazia per altri cinque anni. Abbiamo visto il rigore ma dell’equità nessuna traccia».
Facciamo finta che il giorno dopo che si è messo in moto il carrozzonedelle primarie del centrodestra, Berlusconi se ne esca con una proprialista e un proprio candidato premier.
«Non lo farà: ha detto di non aver mai pensato ad un’ipotesi del genere ed io mi fido di lui».
Ma anche detto che potrebbe tirare fuori dal cilindro un dinosauro.Insomma, le sue cartucce vuole ancora spararle.
«Certo, lui è un uomo dalle mille risorse, ma mettere in campo un nome alternativo rispetto a quello che uscirà dalle primarie sarebbe per il Cavaliere come “sparare” contro la sua stessa storia».
Lei sarà candidata alle primarie? Lo auspicano in tanti.
«Contano i modelli e le idee, non le persone».
Non mi ha risposto.
«Spero che la parte più dinamica del Pdl promuova una candidatura».
Non lo esclude.
«Le ho risposto. Desidero che ciò che rappresento sia in campo, non mi interessa con quale volto».
Forse teme primarie “fasulle”?
«No, sono fiduciosa. Non credo che nessuno abbia interesse a mascherare da primarie un congresso di partito. Dobbiamo cercare la massima partecipazione».
Fini è tornato a bussare alla porta del Pdl dicendo, in sostanza, chesenza Berlusconi esistono in presupposti per creare una grandeaggregazione moderata. Ma pone come condizione la continuitàdell’agenda Monti.
«Ecco, il presupposto su cui si basa la mossa di Fini è l’esatto contrario di quello che penso. Io voglio discontinuità rispetto a un’esperienza di governo che a conti fatti di buono ha prodotto sola la riforma delle pensioni».
9 Novembre, le statue parlanti tornano a parlare!
Questa notte le statue parlanti di Roma utilizzate dal Popolo Romano per mandare messaggi critici e canzonatori ai governanti sono tornate a parlare. La "Pasquinata" come era chiamata un tempo è stata organizzata dai ragazzi della Giovane Italia di Roma in occasione dell'anniversario della caduta del muro di Berlino. "Abbiamo scelto questa forma di protesta tanto originale quanto antica, per lanciare un messaggio forte all'unione Europea e al nostro Governo Nazionale - spiega Cesare Giardina presidente Romano della Giovane Italia - chiediamo che venga stracciato il Trattato di Lisbona che non rappresenta le istanze e i bisogni più profondi dei Popoli Europei e ne venga riscritto uno nuovo che parta da Roma. Roma non solo come luogo fisico, ma come luogo ideale culla delle radici Cristiane d'Europa che il trattato non riconosce".
Molte le statue coinvolte, dal Pasquino a Madama Lucrezia da la Fontana del Facchino a Trilussa e Belli. "Su ogni statua abbiamo toccato un tema diverso - ha poi aggiunto Giardina - dalla famiglia, che in tempo di crisi dovrebbe essere aiutata e incentivata ed invece in Francia si sostituiscono le parole Madre e Padre con Genitore 1 e Genitore 2 andando a minare il vero motore che ha fatto grande l'Europa, alla riforma della B.C.E. purtroppo ancora oggi vera Padrona di un Europa senz'anima. Abbiamo criticato gli O.G.M. e abbiamo chiesto un'Europa più forte nello scenario internazionale che non riproponga la vergognosa gestione della questione libica e che impedisca un intervento in Siria che favorirebbe solo chi ha interessi economici sul medio-oriente ma che danneggerebbe il Popolo Siriano. Oggi come ieri esistono ancora migliaia di Giovani Europei che guardano con speranza a quel 9 novembre di 23 anni fa e che rimangono convinti che come sia crollata l'Europa dei muri potrà crollare anche questa Europa delle banche e della tecnocrazia e farla rinascere da un nuovo trattato che abbia ben chiare le radici Cristiane e possa prendere esempio dall'Ungheria e dalla Polonia oggi vere sentinelle per un Europa dei Popoli. Per spiegare tutto questo – ha concluso Giardina - oggi saremo in piazza con decine di Banchetti in tutta Roma tra cui Piazza Cola di Rienzo e Piazza Santa Emerenziana”.
Le scuole crollano, gli studenti no!
SCUOLA, MSN: CORTEO ALL’EUR CONTRO IL GOVERNO
Cinquemila studenti degli istituti della zona Eur stanno manifestando contro il Governo. Gli studenti che sono partiti dalle scuole Alberti, Vivona, Peano, Ruiz, De Pinedo, Cannizzaro, Primo Levi e Aristotele, si riuniranno a viale Bethooven. ‘Le scuole crollano, gli studenti no’ questo lo striscione del Movimento Studentesco Nazionale, promotore del corteo.
“Siamo stanchi di quello che sta succedendo in Italia. Le tasse aumentano, il nostro futuro sarà segnato dalla precarietà e nel mezzo del caos, nessuno si occupa fattivamente della scuola. Cosa ha fatto il Ministro Profumo in questi mesi? L’unica proposta che ci ricordiamo è quella di eliminare l’ora di religione, proposta inutile davanti ai grandi problemi che stanno devastando le nostre scuole. Al Ministro Profumo chiediamo: cosa ha pensato per risolvere il problema dell’edilizia scolastica? Quali proposte per abbattere il caro libri? A quando la riforma della classe docente? Siamo stanchi di essere presi in giro, di attendere che qualcuno si dia una svegliata, e ci sembra che questo Ministro abbia meno risposte di noi. La grande partecipazione di oggi dimostra solo un grande fatto: non siamo passivi ed inermi come ci descrivono, ma siamo ribelli armati di speranza. ”
È quanto dichiara in una nota Edoardo Stacchiotti, rappresentante della Consulta per l’istituto ‘Alberti’ e militante del Movimento Studentesco Nazionale Roma.
lunedì 5 novembre 2012
L’incendiario di anime che faceva sognare i giovani
di Annalisa Terranova (Secolo d'Italia)
Tra pochi giorni Pino Rauti avrebbe compiuto 86 anni. Con la sua morte un altro pezzo importante, indimenticabile, del mondo della destra italiana viene consegnato alla storia. Rauti ha attraversato il Novecento facendosi contaminare dalle contraddittorie passioni e dalle incendiarie speranze di un secolo che sfidava gli animi più inquieti e avventurosi, gli intelletti più acuti, i giovani più disposti a mettersi in gioco.
Rauti fu uno di quei giovani: a 16 anni si arruola nella Rsi e alla fine del 1946 partecipa alla fondazione del Movimento sociale. Negli anni Cinquanta fu vicino al pensiero radicale di Julius Evola, fonda il Centro Studi Ordine Nuovo ritenendo di dare continuità a un fascismo di tipo spirituale, quello legato al mito dell’«uomo nuovo». Rientra nel Msi nel 1969 (da dove era uscito con l’avvento alla segreteria di Arturo Michelini) con l’arrivo di Giorgio Almirante al timone del partito.
È alla metà degli anni Settanta però che Rauti diventa punto di riferimento di un’ampia area giovanile, affascinata dall’idea di nuove parole d’ordine che giungono a contestare la stessa identità di destra del Msi, indicando la strada del dialogo con i nemici dell’altro fronte, da considerare ormai come avversari con cui cercare il confronto e non più lo scontro. Intuizioni che consentirono di strappare molti giovani alla deriva terroristica e offrirono a molti altri un modello alternativo all’attivismo classico.
Prospettive che troveranno forma nella mozione congressuale Linea Futura (al congresso del Msi del 1977), che rappresentò un esperimento di rottura nella dialettica interna al partito. In questi termini ne parla Marco Tarchi nel suo libro “Dal Msi ad An”: «Il progetto di innovazione politico-organizzativa più radicale è quello di Linea Futura, che denuncia l’insufficienza della strategia di Destra nazionale e si propone di organizzare la protesta meridionale e spingere il partito a contestare il modello di sviluppo neocapitalistico, promuovere iniziative anticonsumistiche, prestare attenzione ai temi ecologici e urbanistici. Le nuove strutture auspicate dai rautiani – continua Tarchi – mirano ad un “partito di quadri, di organizzazione moderna, di militanza politica e sociale, proiettato verso l’esterno”, che deve distinguere tra aderenti e militanti, creare cooperative e comitati di mobilitazione, uscire alla routine con interventi in ambito sociale e puntare su un’offerta politica diretta in primo luogo a giovani e donne, che delinei una controffensiva politica razionale e accantoni nostalgie e ribellismo».
Un modello movimentista difficilmente conciliabile con il partito-apparato da cui scaturirà la stagione creativa dei Campi Hobbit, uno dei fenomeni più studiati (e più imitati negli anni successivi) che caratterizzarono il mondo giovanile a destra. Quell’esperienza aprì orizzonti inediti per i ventenni di allora, non più costretti nel clichè del militante anticomunista “duro e puro”. La lezione di quei raduni (malvisti dal vertice del Msi) è molto semplice: si poteva incidere nel proprio tempo anche facendo musica, scrivendo poesie, tentando di dar vita a un modello comunitario che potesse rappresentare la naturale evoluzione del “cameratismo” reducistico. Era paradossale che a capo di questi fermenti vi fosse un uomo come Pino Rauti, che aveva combattuto, che aveva creduto nella “milizia” senza compromessi di chi «sta in piedi tra le rovine», che non aveva mai rinnegato il fascismo, un intellettuale raffinato, scrittore e giornalista, poco incline a far maturare le sue sintesi dalle complicità con le platee giovanili.
Eppure i giovani trovavano nei suoi discorsi un’ampiezza, una profondità, uno stimolo per uscire dal “ghetto”, per dare prospettive persino vincenti a una condizione di minorità politica e culturale che era dura da sopportare. Nei suoi discorsi, soprattutto in quelli, Rauti sapeva toccare le corde giuste. La memoria corre a quelle parole (non a caso fu definito, un «incendiario di anime») più che alle schermaglie congressuali, che lo videro avversario prima di Giorgio Almirante e poi di Gianfranco Fini. Ai giovani Rauti parlava di un fascismo “metafisico”, non quello dei compromessi, dei treni in orario, delle sciagurate leggi razziali, delle leggi liberticide, ma quello che andava incontro al popolo, quello che si chinava sugli ultimi per tentarne il riscatto, quello sociale e socialista. E con quel “fascismo immenso e rosso”, che poteva piacere a destra come a sinistra, che era al di là della destra e della sinistra, declinava alla sua maniera personalissima il motto “non rinnegare non restaurare”.
Là, diceva, stavano le radici, lì stava il senso, lì stava il retroterra da cui si poteva attingere ancora per non autocondannarsi all’inattualità. Quelle parole piacevano e commuovevano, come quando raccontava dell’incontro in Francia con i “falchetti rossi” del Fronte Popolare di Leon Blum, ormai anziani, e li paragonava alle schiere di bamibini derelitti che il fascismo italiano aveva portato nelle colonie marine, per ritemprarli nel corpo e nello spirito. Ma Rauti non sapeva animare solo la memoria. Era uomo capace di sfide intellettuali. La più ardita: lo sfondamento a sinistra. Anticipò la fine del comunismo, una fine che sarebbe avvenuta – diceva – non per le armi americane ma per la diffusione del capitalismo.
E chi se non chi proveniva da certe radici, (dalla “nostra storia”, sintetizzava) poteva rialzare il vessillo dell’anticapitalismo, denunciare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, opporsi al materialismo che offusca lo spirito e rende le società incapaci di risollevarsi? Su questo terreno, predicava Rauti, con la sinistra si potevano trovare punti di contatto, superando al contempo la paludosa politica democristiana e il logoro antifascismo militante. Un sogno. Una speranza. Un tema che fu tra i più osteggiati e ridicolizzati all’interno del Msi ma che allo stesso tempo, anche attraverso gli articoli del quindicinale “Linea”, aveva modo di ricollegarsi a un filone di autori come Sombart e Max Weber. Un tema capace di scavare nel solco aureo di pensatori trascurati e marginalizzati dalla cultura progressista. Perché bisognava leggere, e tanto, per dialogare con gli avversari, per convincerli, per dimostrare loro che la destra non soffriva di alcun complesso di inferiorità.
Un invito che Rauti rivolgeva soprattutto alla classe dirigente di un partito che a suo avviso si accontentava di vivacchiare sulle parole d’ordine dell’anticomunismo: «Dovete mettervi a studiare», esortava. Ed era un’esortazione che conteneva anche una pesante critica all’approssimazione di una politica fondata sulla “pesca delle occasioni”. Anche sull’immigrazione, altro tema ruvido per la destra, Rauti seppe indicare la strada difficile ma salutare per uscire dal recinto ottuso della xenofobia e proprio quando conquistò la segreteria del Msi, nel 1990.
L’immigrato non è un nemico, diceva, ma uno “sradicato”. Un’analisi che diventava aneddotica nei suoi discorsi, come quando raccontava di avere visto a Birmingham un gruppo di bambini di colore che sguazzavano in una pozzanghera: «E io mi chiedevo e mi chiedo: che ci fanno questi bambini sotto il cielo grigio di Birmingham?». Anche loro sfruttati da un Occidente in preda al tramonto spengleriano, ingranaggi di quella logica del profitto che assurgeva, nei suoi discorsi, a vero, reale, «nemico principale». Eccola la lezione più grande: ci vuole l’analisi, oltre all’elmetto.
E ci vuole l’orgoglio delle radici europee e italiane per non morire schiavi delle mode Usa: «Ricordate: c’è più storia nella piccola Pienza che in tutta Los Angeles». A Fiuggi Rauti si oppose, solo e negletto, alla trasformazione del Msi in An.
E si condannò lui stesso, politico che aveva sempre saputo guardare più in là di tutti, a rivestire i panni del nostalgico. Ma memorabile rimase la chiusa dell’intervento con cui diede l’addio agli ex camerati: «Trasformerete questo partito in una vecchia baldracca».
Ezra Pound, un poeta. Tutto il resto è scorie…
di Miro Renzaglia
Ricordarsi del 40° anniversario della morte di Ezra Pound solo perché era fascista, e non per la sua poesia, è roba da destra terminale. Ignorare il monumento letterario che ci ha lasciato in eredità, e per lo stesso motivo, è cosa da sinistra idiota. Chi era veramente e soprattutto Ezra Pound? Lo avessero chiesto direttamente a lui, non avrebbe esitato un attimo a rispondere: io sono un poeta, solo un poeta, e tanto basta. Provate a smentirlo, se vi riesce.
E non fu un poeta qualsiasi ma uno dei massimi del Novecento. I suoi Cantos(ma non solo quelli) sono una tappa fondamentale della poesia di ogni tempo. Chi ha voluto fare poesia dopo di lui, senza ricadere nell’indietro del liricheggiar leggiadro – penso a Edoardo Sanguineti, per esempio – non ha mai negato né misconosciuto il suo debito di formazione con l’americano. Né lo negarono quegli altri mostri della letteratura che sono James Joyce e Thomas Stearns Eliot. Il quale ultimo, non si fece remore di riconoscere il merito “Al miglior fabbro” per il suo capolavoro The waste land. Come dire? I giganti riconoscono i giganti. I nani, al massimo dello splendore, appena i loro simili.
«La poesia si fa con qualsiasi cosa» sosteneva. E allora giù, a montar versi con i titoli dei giornali, con gli scarti delle confezioni pubblicitarie, con le frasi monche orecchiate per strada, al mercato o in qualche cena dove, magari, conveniva Keynes, con le citazioni dotte stralunate dai provenzali, con i passaggi autobiografici rivisitati in chiave onirica, con gli ideogrammi cinesi, con le lingue morte, con l’abbecedario di età sepolte. E, soprattutto, con la musica. Oh! sì: proprio con la musica. Provate ad ascoltare su Youtube qualche sua interpretazione personale: non recita, canta. E perché mai, sennò, avrebbe titolato il suo capolavoro proprio Cantos? Ecco, è proprio nella ritmica che la poesia si ricongiunge alla sua natura primigenia: quella di essere musica fatta con le parole… utilizzare la ritmica delle parole per restituire al termine il suo senso più profondo, al di là del significato e del significante… per raggiungere sfere ulteriori a quelle dell’intelletto puro. Voi chiamatele, se volete: emozioni…
Eppure, è vero: un poeta non è quasi mai “solo” un poeta. Il poeta è “anche”, talvolta, un uomo curioso. Un uomo che cerca il senso delle cose che lo circondano, magari solo per tradurle in versi. E in questa curiosità, a volte coltiva delle manie. Quella di Ezra Pound si chiamava “economia”. Oh! sì: proprio quella materia arida che da qualche decennio governa le nostre vite. Credo che a nessun altro poeta sia riuscito, prima di lui, di trasformare una materia così arida in poesia. Del resto – se ci pensate bene – nemmeno la teologia era materia poetica, prima che Dante Alighieri ne facesse laCommedia. Prima di lui, di Dante, magari si può ritrovare qualche lode al Signore o ai Signori di qualche fervente devoto, pagano cristiano ebreo o musulmano che sia. Ma mai nessuno, prima di Dante, si era spinto tanto in là dal concepire un’intera cosmogonia in versi. Dante lo fece con la teologia, Pound con l’economia. Il risultato è identico: poesia.
“Con usura” il fatidico canto XLV dell’opera, è solo l’epifenomeno altamente concentrato, la sintesi – se volete – del suo pensiero economico. Ma è il quadro d’assieme dell’omnia che eleva l’americano al rango di chi ha saputo vedere meglio e prima il cancro che corrompe la vita di noi, uomini d’oggi. E lo ha fatto usando la chiave a più alta intensità che a noi, uomini, è dato conoscere: la bellezza. Dovremmo ricordarlo e amarlo per questo. Come direbbe lui: «Ciò che veramente ami, rimane / il resto è scorie».
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