da barbadillo.it
Caro direttore,
nella Giornata del Ricordo sono andato
sul sito di Barbadillo come faccio da quasi un anno e mi sono trovato a
leggere quanto ha scritto Roberta Di Casimiro esattamente un anno fa.
La storia della mia famiglia
Io sono nato a Fiume d’Italia,
come volle ribattezzarla il Comandante, il 26-9- 1945. Mio padre il mese
successivo venne arrestato e condannato al carcere “duro”(lavori
forzati con regime di sottoalimentazione) perché considerato “nemico
del popolo” (di professione faceva il barbiere…). Scontò la pena nel
campo di concentramento presso la città di Maribor (Slovenia); ne uscì
nel 1948 per intervento della Croce Rossa Internazionale. Aveva 35
anni,pesava 40 Kg e aveva perso per l’inedia quasi tutti i denti.Quando
ci furono le opzioni se divenire cittadini jugoslavi o scegliere
l’esilio non ebbe esitazioni e partimmo per Trieste. Ovviamente anche se
possedevi qualche piccolo risparmio, ti veniva sequestrato al passaggio
della frontiera. Iniziò così il periodo più oscuro del nostro esodo.
Senza casa, beni, lavoro in una Trieste occupata militarmente dagli
anglo-americani e con gli slavi locali alleati del PCI che speravano che
Trieste (Zona A) facesse la fine della Zona B (la parte dell’Istria
occupata militarmente da Tito. Furono anni di miseria (l’Opera
Postbellica passava ai profughi adulti 17lire al giorno pro-capite e per
i bambini 10 lire; noi eravamo una famiglia di 2 adulti e due bambini,
quindi il sussidio quotidiano era di ben 54 lire: il pane venduto a
prezzo politico era di 88 lire al Kg… tutto ciò non per fare del
vittimismo ma per fare un paragone con quanto spende negli ultimi anni
il Governo italiano assistendo i “migranti” ma ci sorreggeva la speranza
che Trieste fosse restituita all’Italia.
Trieste all’Italia
Ciò avvenne il 26-10-1954; era una
giornata di Bora scura, le raffiche violente ci bersagliavano, la
pioggia sferzava i nostri volti sui quali,però,era difficile discernerla
dalle lacrime di gioia. Ero in Piazza dell’Unità insieme con la
mia famiglia ma, quando la prima nave della Marina Militare Italiana
attraccò sul Molo Audace la folla ondeggiò (c’erano oltre centomila
persone) ed io ragazzino di nove anni mi trovai catapultato sull’orlo
del molo. Non ebbi paura di finire in mare perché oggi, a
distanza di 60 anni, posso dire che si stava vivendo un momento
estatico. Ma ciò che non posso dimenticare di quel momento di misteriosa
euforia collettiva fu che la folla salutò le Navi d’Italia cantando non
l’Inno di Mameli ma l’Inno a Roma: era la Tergeste augustea della Decima Regio che ritrovava la Patria.
Quanto durò quell’entusiasmo? Non molto
perché i governi democristiani servi dell’imperialismo USA fecero di
tutto per diluire il nostro patriottismo iniziando la cosiddetta
“politica delle porte aperte” verso la Jugoslavia dell’infoibatore Tito
per arrivare, poi, al vile tradimento di Osimo.
E noi Esuli? In ringraziamento della nostra lealtà ci stampigliarono su tutti i documenti o atti pubblici il famigerato ”nato in Jugoslavia” che solo la Legge 15-2-1989 N.ro 54 ha abrogato!
Voglio
solo ricordare che nel censimento del 1941 la sola città di Fiume (la
provincia era più estesa) contava 58.000 abitanti, nel 1950 ne erano
esodati 48.000. Quale altra città d’Italia ha dato così concretamente
testimonianza di amor di Patria?
In questa Giornata del Ricordo
voglio così onorare un mio zio infoibato e il mio nonno materno morto di
emorragia interna per le sevizie dell’OZNA la polizia politica titina.