La cattiva gestione dell'ondata migratoria di
Goti, nel quarto secolo, generò le ostilità alla base della Battaglia di
Adrianopoli, l'inizio della fine per l'Impero Romano d'Occidente. Una
vicenda da cui avremmo da imparare.
da focus.it
Il 9 agosto del 378 d.C., ad Adrianopoli, in Tracia - nella moderna
provincia turca di Edirne - si consumava una delle peggiori sconfitte
militari mai subite dai romani: il massacro di 30 mila soldati
dell'impero, guidati da Flavio Giulio Valente, perpetrato dai Goti, al
seguito del re guerriero Fritigerno. Secondo gli storici, quella
disfatta segnò l'inizio della catena di eventi che avrebbe portato alla
caduta dell'Impero Romano d'Occidente, nel 476.
Ripercorrere oggi gli eventi che portarono alla battaglia di
Adrianopoli è interessante: secondo una lettura dei fatti di allora
pubblicata su Quartz,
all'origine della strage ci sarebbe stata la cattiva gestione, da parte
dei romani, di un'imponente ondata migratoria di Goti avvenuta due anni
prima. Gli stessi Goti che si sarebbero trasformati nei carnefici delle
legioni dell'Urbe.
In fuga dalla guerra. Nel 376 d.C.,
racconta lo storico Ammiano Marcellino, i Goti furono costretti ad
abbandonare i propri territori (nell'attuale Europa orientale) spinti
dagli Unni, "la razza più feroce di ogni parallelo", che premeva da nord
sui loro confini. Il loro arrivo, "come un turbine, dalle montagne,
come se fossero saliti dai più segreti recessi della Terra per
distruggere tutto quello che capitava a tiro", provocò un bagno di
sangue tra i Goti che decisero - come fanno oggi i siriani - di fuggire.
Richiesta di asilo. I Goti, guidati
da Fritigerno, chiesero allora ai Romani di potersi stabilire in Tracia,
al di là del Danubio: una terra fertile con un fiume che li avrebbe
protetti da un'invasione unna. Quell'area era governata dall'imperatore
Valente, al quale i Goti promisero sottomissione a patto che avessero
potuto vivere in pace, coltivando e servendo i romani come truppe
ausiliarie. In segno di gratitudine, Fritigerno si convertì anche al
cristianesimo.
Viaggio della speranza. Inizialmente
le cose sembrarono funzionare: i Romani, nei confronti delle popolazioni
sottomesse, esercitavano abitualmente una strategia inclusiva.
Preferivano farne cittadini romani e assimilarne la cultura, per evitare
future ribellioni. Decine di migliaia di Goti (forse oltre 200 mila)
guadarono il Danubio di giorno e di notte, imbarcandosi su navi e
scialuppe di fortuna; molti di essi, per il gran numero, annegarono, e
furono trascinati via dalle correnti.
Corruzione e soprusi. In base agli
accordi, i Goti arrivati in Tracia sarebbero stati coscritti
nell'esercito romano e avrebbero ottenuto la cittadinanza. Ma gli
ufficiali militari che dovevano garantire loro supporto e provviste -
un'antica rete di supporto ai migranti - si rivelarono
corrotti e approfittarono dei mezzi stanziati per i nuovi arrivati,
vendendo le provvigioni al mercato nero. Ridotti alla fame, i Goti
furono costretti a vendere i figli come schiavi e a comprare carne di
cane dai romani.
L'epilogo e la memoria (corta). Le
ostilità tra le due popolazioni crebbero. Il risentimento covato dai
Goti li portò dal desiderare di divenire romani al desiderio di
annientare i romani. Fu con questa rabbia covata a lungo che
sterminarono gli eserciti di Valente. E la battaglia fu l’inizio della
valanga che travolse l’Occidente. Tanto che molti storici assumono il 9
agosto 378 come data spartiacque tra l’antichità e il Medioevo.
Nella gestione dei flussi migratori, oggi, ci si prospettano due
strade: quella dell'inclusione, e quella del rifiuto e del
respingimento. Se è vero che la storia è magistra vitae, abbiamo già visto una volta dove porta la seconda via.