da notizie.tiscali.it
Era stato molto chiaro il 22
marzo scorso il procuratore di Catania, nella sua prima audizione in
Parlamento: «A partire da settembre scorso si segnala l'improvviso
proliferare delle ONG che hanno svolto il lavoro dei trafficanti di
accompagnare i barconi di immigranti fino al nostro territorio».
E i rapporti degli organismi di
investigazione, di polizia, militari europei hanno segnalato in tempo i
sospetti dei traffici tra Ong e organizzatori dei viaggi dei migranti,
con la probabile riconsegna degli scafi e dei motori da riutilizzare per
nuovi viaggi.
Nei
dossier e nelle relazioni istituzionali, le navi delle ONG sono
diventate un porto d'attracco italiano al limite se non dentro le acque
territoriali libiche.
Ci sono i registri delle operazioni
di salvataggio che documentano che quasi cinquecento su mille e
cinquecento sono stati gli interventi di soccorso delle ONG.
Con il risultato di poco meno di
45.000 migranti sono stati salvati. Ma quattro di questi interventi -
circa mille migranti - sono avvenuti dentro le acque territoriali
libiche, anche ad appena sette miglia dalla costa.
Il sospetto di rapporti opachi tra
il mondo delle ONG e i trafficanti, confermato dalla conversazione
captata tra un equipaggio di nave ONG e trafficanti, e dalle foto
scattate da un pattugliatore Eunavformed in cui si vede un gommone di
migranti con natante dei trafficanti in attesa dell'arrivo della nave
delle ONG, trova ulteriori riscontri nei quattro episodi di salvataggi
nelle acque territoriali libiche.
Negli atti giudiziari delle procure
siciliane emergono telefonate di soccorso partite dai natanti
direttamente su utenze collegate alle navi Ong.
E poi l'imbarazzo se non il
disappunto degli uomini Frontex e delle altre organizzazioni
internazionali che operano negli Hub dove avvengono le prime procedure
di identificazione e di inoltro di richieste di asilo politico, quando
avvertono la reticenza nei comandanti delle navi Ong. Poco collaborativi
nello spiegare le modalità del recupero dei natanti: salvati i
migranti, i gommoni con i motori tornano ai trafficanti.
Nella sua audizione, il procuratore
di Catania, Carmelo Zuccaro, si domanda del perché del proliferare così
intenso di queste unità navali. E di quale ritorno economico, non
foss'altro che per pagare i costi delle missioni si realizza?
Il procuratore Zuccaro ricorda che
su 134 navi gestite dalle organizzazioni non governative - a fronte
delle tre che operavano nel 2015 - sei sono gestite da cinque Ong
tedesche. E che i costi di gestione sono molto elevati. Per esempio, «la
nave “Aquarius” - precisa Zuccaro - di SOS Méditerranée spende 11.000
euro al giorno mentre il peschereccio Jugend 40.000 al mese». C'è anche
un drone a disposizione di una Ong che l'ha noleggiato per 400.000 euro.
Insomma, la sensazione è che il
«sistema» Ong si sia sostituito a Mare Nostrum e Mare Sicuro, i
dispositivi della marina militare italiana, della Guardia costiera e
della Finanza impegnati nelle acque internazionali confinanti con quelle
territoriali libiche al salvataggio dei natanti.
Solo che ora il sospetto è che
l'incremento degli sbarchi sia provocato dalla massiccia presenza di
assetti navali delle Ong che pattugliano il Mediterraneo spesso dentro
le acque territoriali libiche.