da iltempo.it / di Marcello Veneziani
Claretta Petacci paragonata a un maiale.
Lei che volle stare a fianco del suo uomo anche nella cattiva sorte.
Ma non provate vergogna, voi della Sette, Floris,
Mentana e voi Autorità Vigilanti, Presidenti di Camere, Senato, Anpi,
Femministe, davanti alla schifosa, incivile battuta di Gene Gnocchi – se
questo è un comico – sulla scrofa che razzola tra i rifiuti romani e
che lui ha battezzato con la genialità di un demente malvagio, Claretta
Petacci?
Non stiamo parlando della macabra e bestiale macelleria di Piazzale
Loreto, che fa vergognare ogni paese civile; non parliamo nemmeno di
feroce vendetta contro un dittatore, un regime, una guerra. Qui parliamo
di una donna che per amore solo per amore volle stare a fianco del suo
uomo anche nella cattiva sorte, fino a condividere la morte, e prima lo
stupro e poi lo scempio del cadavere. Non ebbe responsabilità durante il
fascismo, Claretta Petacci, non trasse profitto, non consigliò mai
Mussolini su nessuna scelta né lo spinse a commettere errori, non fece
cerchio magico intorno al Duce. Fu amante appassionata e devota, spesso
tradita, sempre ferita dall'essere comunque l'altra rispetto alla moglie
e alla madre dei suoi figli. E persino lei, la sanguigna, verace
Rachele, non ebbe parole di odio per la donna che restò al fianco di suo
marito fino a farsi trucidare con lui, ma si lasciò sfuggire un moto
sommesso di affetto e perfino di dolcissima invidia, perché avrebbe
voluto essere stata lei al suo posto.
I versi di un grande poeta come Ezra Pound su Ben e Clara appesi per i
calcagni resteranno nei secoli. Del resto ognuno ha il cantore che si
merita: c'è chi ha Ezra Pound e c'è chi ha Gene Gnocchi. Ricordo anni fa
che uno storico divulgatore, di cui per carità verso un defunto taccio
il nome, scrisse un libro sugli amorazzi di Mussolini, sulle sue amanti e
i suoi figli illegittimi e per promuovere il libro organizzò una cena
in tema. Nel menù c'era “petto di tacchino farcito alla Claretta”. Mi
parve allora bestiale quell'allusione spiritosa al petto della Petacci e
soprattutto alla farcitura che poi nella realtà fu una sventagliata di
proiettili. Ma quella spiritosaggine triviale sembra oggi una
delicatezza da gentleman rispetto alla battuta da porcile di Gnocchi.
Femminicidio, violenza alle donne, sessismo, che considera l'amante
femminile sempre una troia, volgarità in tv, correttezza di linguaggio:
vanno tutti a puttane nel silenzio generale, col sorrisino compiaciuto
di Floris, davanti a quell'atroce, feroce porcata di Gnocchi. Mi auguro
che sia solo un frutto di abissale ignoranza, anche se è difficile
pensare che uno anziano come Gnocchi non sappia almeno per sommi capi la
storia. Un’ignoranza becera, comunque aggravata dal fatto che insultare
i fascisti, calpestare i cadaveri loro e dei loro congiunti, è facile,
hai dalla parte tua le istituzioni, i media, il conformismo della
cultura, i parrucconi e i maestri censori. Magari ti scappa un
contratto, una menzione, un elogio per il tuo intrepido coraggio
antifascista. Mi auguro che la gente lo cancelli definitivamente dal
novero dei comici; che resti a fare le sue serate comiche nei centri
sociali, ma di quelli antagonisti feroci, o all'Anpi che non ha mai un
moto di umanità verso i morti, i vinti e i trucidati o nelle sette
sataniche. Che racconti a loro le sue troiate. E che finisca lui tra i
rifiuti della tv spazzatura, insieme alla scrofa di cui ha meritato la
parentela.