A 51 anni il regista Peter Jackson conserva tutto il suo amore, provato sin da bambino, per l’opera di John Ronald Rueul Tolkien e dopodomani, nelle sale italiane uscirà il primo film della trilogia Lo Hobbit quasi a voler dare continuità alla precedente fatica di trasporre, ormai alcuni anni fa, la trilogia de Il Signore degli anelli, dell’autore inglese conosciuto in tutto il mondo. Un avvenimento atteso dai milioni di fan in tutto il mondo che sono presenti proprio ovunque, anche in Italia e in Puglia. Non caso, a partire proprio da giovedì prossimo si terrà una tre giorni di iniziative tolkieniane a Barletta con una mostra aperta fino al 26.
Come mai a distanza di 39 anni dalla morte del docente di Filologia e di Letteratura inglese medievale Tolkien, il mondo mitico da lui creato continua a registrare un successo notevole con traduzione in decine di lingue, anche le meno conosciute e oltre 80 milioni di copie vendute in tutto il mondo? Senza contare l’importanza che ha avuto la trasposizione cinematografica dell’opera maggiore, Il Signore degli anelli?
Come scrisse la critica Gaia Servadio oltre trent’anni fa, forse solo Walt Disney aveva creato un mondo e un lessico del tutto particolare con schiere di fedeli, società di fan tolkieniani in tutto il mondo, un lessico che può comprendere solo chi i libri di Tolkien ha letto.
Tutto cominciò nel 1964, quando uscì la prima edizione de Il Signore degli anelli in edizione tascabile e fui definito la Bibbia degli hippies, dei ragazzi che nei campus Usa contestavano la guerra nel Viet Nam: un milione di copie vendute. In Italia, fu pubblicato il primo volume della trilogia nel 1967 da Ubaldini-Astrolabio ma fu un fiasco, vendette solo qualche centinaio di copie e l’editore decise di non proseguire nella pubblicazione degli altri due volumi. Nel 1970 fu pubblicato dall’editore Rusconi, definito di destra su precisa segnalazione di Elemire Zolla al direttore editoriale e amico, Alfredo Cattabiani. Il libro ebbe grande successo e, negli anni successivi divenne una bandiera dei giovani schierati a destra. Recentemente l’ex ministro Giorgia Meloni, in un’intervista, ha confermato che il libro da lei preferito è Il Signore degli anelli. Ma a partire dai primi anni Settanta ci fu da parte delle frange giovanili di destra una particolare attenzione per questo scrittore, questa opera e i contenuti che il medievista Franco Cardini ha ravvisato in particolare in una contestazione dei valori consumistici e progressisti che si traduce in una “rivolta contro il mondo e la cultura moderni compiuta nel nome del mondo e della cultura tradizionali, di quei valori cioè che che in Occidente sono stati minati da un certo filone del pensiero umanistico e dalla riforma protestante per essere poi del tutto obliterati dalla nascita del mito del progresso e della rivoluzione industriale con i suoi corollari con le quattro grandi rivoluzioni sociopolitiche (inglese, francese, americana, russa)”. Insomma, al centro dell’opera c’è il sacro e l’origine divina del potere, il senso della comunità e della sua tutela, del solidarismo familiale e viciniale, dei valori dell’amicizia, la difesa dell’identità propria.
Allora Tolkien, conservatore, monarchico e tradizionalista, cattolico papista, antimoderno e antinazista e antirazzista può essere collocato come autore di destra? Gianfranco de Turris, caporedattore cultura della Rai, autore di una ventina di libri curatore di circa 300 e consulente di varie case editrici fra cui la Bompiani, la Bietti e le Mediterranee, è stato nel 1969 il primo a scrivere, insieme a Sebastiano Fusco, un profilo di Tolkien per l’Enciclopedia Arcana (edita da Sugar) spiega: “Ritengo che non si debba dire che Tolkien sia di destra o di sinistra, c’è la sua opera e questo dibattito culturale esiste ancora soltanto in Italia. Negli altri paesi non esiste. Il Signore degli anelli uscì nel 1970 da Rusconi, un editore collocato a destra e prima che l’opera avesse diffusione fu preso di mira dall’intelligentsia di sinistra, a partire da Umberto Eco che vedeva nei curatori Zolla e Principe due intellettuali di destra. E’ un romanzo di 1.200 pagine con un taglio spirituale che si richiama alle saghe pagane come il Beowulf e fu notato dagli appassionati del fantastico come me e Fusco e per Tolkien fu coniato il termine fantasy e si recensiva e parlava di questo libro su riviste di destra. Si trattò di un’adesione spontanea a questo genere di letteratura che mostrava valori condivisibili. Ritengo che ci furono strumentalizzazioni da parte dell’intelligentsia di sinistra. Credo che in Tolkien ci sono varie questioni che possono attirare non si dovrebbe dire che è un autore di destra o di sinistra: chi è cattolico si avvicina a questo autore per i richiami religiosi, chi ama la letteratura antica non può non amare la struttura del racconto, chi contesta il capitalismo e la società dei consumi si rispecchia nei discorsi di questo autore. La verità è che si tratta di un autore universale un autore che divulga valori che attingono al mito: ha creato un romanzo epico per la cultura del Novecento che non si faceva da un centinaio d’anni”.
* da La Gazzetta del Mezzogiorno