martedì 31 ottobre 2017

Gli ultimi giorni del Museo d'Arte Orientale di Roma, un gioiello a rischio


La sede storica di Palazzo Brancaccio sta per essere chiusa, il Museo dovrebbe essere riallestito all'Eur ma non si sa come e quando. Su Change.Org è partita una petizione che rilanciamo.

da globalist.it

Nonostante i numerosi ed accorati appelli rivolti al Ministero dei Beni Culturali, sembra che la sede del Museo nazionale d'Arte Orientale di Palazzo Brancaccio sia prossima alla chiusura. Dal 1° novembre, come da avviso in un cartello affisso all'ingresso, il Museo sarà chiuso per essere riallestito nei nuovi locali dell'Eur. Su Change.org è partita una petizione. Questo il testo. Qui il link per firmare
 
Istituito nel 1957 nella sede attuale, sita nel cuore della Capitale, il Museo custodisce la più importante raccolta di arte orientale italiana, comprendente oltre 40 mila reperti provenienti dal Tibet, dal Nepal, dal Giappone e dalla CinaAncora una volta il Governo italiano penalizza la cultura e l’arte perpetrando l’ennesimo delitto ai danni del patrimonio artistico del Paese.
Il Ministero dei Beni Culturali vuole chiudere il Museo Nazionale d'Arte Orientale istituito nel 1957 nella sede - situata nel cuore della città di Roma - di Palazzo Brancaccio, che custodisce la più importante raccolta di arte orientale italiana. Negli anni ‘90 i lavori per la messa a norma dell'edificio, che sono costati circa 2 miliardi, hanno riportato alla luce affreschi e arredi occultati nel tempo e hanno visto il recupero architettonico del palazzo, "bene monumentale" esso stesso e cornice ideale per la collezione orientale.

I circa 4o.ooo oggetti ivi conservati provengono da un'area vastissima che si estende dall'India al Giappone dalla Cina alla Corea, beni di importanza eccezionale nell'ambito nazionale ed europeo sia per il numero che per la qualità e varietà delle opere a cui recentemente si sono aggiunti preziosi reperti provenienti dal Tibet e dal Nepal di inestimabile valore. Nel complesso si tratta di una collezione essenzialmente archeologica che abbraccia un arco di tempo che va dal III millennio a.c. ad oggi: statue di Buddha, Bodhisattva, rilievi dell’arte del Gandhara con gli episodi della vita del Maestro… Tali beni sono strettamente connessi alla storia della ricerca scientifica italiana in Asia nonché alla vita e all'opera di Giuseppe Tucci (1894-1984) l'insigne orientalista noto a livello internazionale i cui eredi hanno donato al Museo l’intera collezione. 

Il Ministero dei Beni Culturali (MIbact) invece di promuovere questo patrimonio - che potrebbe essere, se ben gestito e valorizzato, grande fonte di reddito per l’Italia e gli italiani - ha deciso di spostare il Museo dalla sua sede originaria nel cuore del quartiere Esquilino negli spazi inevitabilmente ristretti di altre strutture all’EUR, collocando solo una minima parte della collezione e quindi smembrandola definitivamente.
È economicamente conveniente spostare da Palazzo Brancaccio il Museo Orientale e trasferire la ricca collezione ivi ospitata in spazi all'Eur del tutto insufficienti e con spese d’affitto molto più alte? Certamente no!

La stima approssimativa dei soli costi preliminari per assicurare, imballare e trasportare i circa 40.000 preziosi oggetti del Museo si aggira, secondo una perizia del 2014 - anno del primo appello rivolto al Ministro Franceschini -, tra i 9.500.000 e gli 11.250.000 euro, oltre lIiva. A tale cifra si devono aggiungere le spese senz'altro onerose per la messa a norma dei nuovi spazi e quelle per il nuovo allestimento destinato ad accogliere, accanto agli oggetti del Museo Africano, i reperti orientali. Inutile, tra l'altro, sottolineare l’assurdità di tale accostamento.
Sorge spontanea una considerazione: “Quanti anni verranno impiegati per fare questo disastroso e inutile trasloco e riallestimento? E quanti ne dovranno passare prima che noi si possa visitare in forma ridotta un Museo che ora splende per la sua bellezza?”.

Realizzare all’Eur un polo museale è un'idea che risale agli anni 2000, che fin dall’inizio ha dovuto fare i conti con la mancanza di fondi economici assegnati e di personale, oltre a doversi scontrare con la realtà di un quartiere lontano dalle mete turistiche e dalla vita dei romani in una zona ribattezzata “il cimitero dei musei”.