Di Stefano Tozzi
Les italienes ne combat pas. Gli Italiani non combattono così affermava il Generale francese Oudinot prima di entrare nella Roma del 1849 dove era stata proclamata la Repubblica. Pensate un Generale della Repubblica di Francia che attaccava un’altra Repubblica perché gli equilibri geopolitici si scompaginavano nel quadro politico della Penisola Italica allora divisa in staterelli e considerata una mera espressione geografica.
Les italiens ne combat pas, gli italiani non combattono, disse in tono derisorio ed invece quegli italiani, popolani romani, patrioti giunti da tutta Italia, monarchici, repubblicani, garibaldini combatterono eccome menando sonoramente le truppe francesi di quel Generale così tremendamente saccente. Le truppe si dovettero addirittura ritirare a Civitavecchia per attendere rinforzi dalla Corsica. “Generale!! Un monarchico che oggi va a combattere per la Repubblica!!. No caro Lei io oggi vado a combattere per l’Italia!”.
Così Luciano Manara rispose ad un popolano che combatteva al Gianicolo. E gli italiani combatterono come leoni uno tra tutti il ragazzino poco più che ventenne Goffredo Mameli che proprio sul Gianicolo morì. Prima, gli italiani combatterono a Milano per 5 giorni di seguito, contro gli austriaci e proseguirono poi a Curtatone, Montanara, Custoza, Montebello, Monzambano.
Lo fecero tanti anni dopo quando gli stessi bersaglieri vendicarono i caduti della Repubblica Romana entrando a Porta Pia e facendo diventare Roma Capitale d’Italia. Combatterono sul Carso, in riva al Piave nei deserti infuocati della Libia o sulle ambe del continente africano. Combatterono e si sacrificarono per lasciare a noi un’Italia unita e sovrana del proprio destino. Ne dobbiamo essere semplicemente all’altezza e cercare di essere buoni italiani contro chi vuole minare la nostra sovranità, contro i corrotti e i malfattori e contro i più sottili invasori. Uniti nella diversità, perché possiamo dividerci politicamente sulle questioni etiche e materiali ma solo Uniti saremo popolo e non più servi di nessuno. Il 17 marzo di ogni anno ci deve ricordare tutto questo perché amare la Patria è bello e rappresentarne ed incarnarne i valori è un privilegio che deve essere di tutti.
Oggi io sono Manara, Garibaldi, Mazzini, Cavour, il maestro del Libro Cuore di De Amicis, il brigante che combatteva per la terra ai contadini, il bersagliere a Porta Pia, sono gli irredentisti giuliano dalmati, Ettore Viola sul Grappa, Nazario Sauro impiccato per amore dell’Italia, il fante sul Carso e sulle ambe abbissine, sono Alceste de Ambris sindacalista rivoluzuonario che scrisse la Carta del Carnaro per i meravigliosi Legionari Fiumani e sono Berto Ricci morto volontario in Africa, sono Vittorio Bottego primo esploratore europeo nel deserto della Dancalia, sono Carmelo Borg Pisani irredentista maltese e Petru Giovacchini irredentista Corso, il parà ad El Alamein ed il marinaio della corrazzata Roma con l'alpino della Cunense, sono Salvo D’Aquisto e Paride Mori sono il partigiano antifascista della Osoppo ed il militare della RSI che ha difeso il confine orientale a Tarnova, sono l'emigrante nelle Americhe e nel resto del mondo che ha nostalgia dell'Italia, sono gli studenti ed i ragazzi caduti per Trieste Italiana nel 1953 e quelli del MSI che cadevano nelle strade negli anni ’70 con il tricolore nel cuore, sono il poliziotto caduto per mano della mafia, sono Enrico Mattei, il Craxi che a Sigonella si oppose agli Americani, sono i miei fratelli a Nettuno contro Bush, sono il volontario ambientalista Paolo Colli, sono Fabrizio Quattrocchi.
Sono il contadino, l’operaio, l’impiegato, il commerciante, l’artigiano e l’imprenditore, l'artista che hanno fatto crescere economicamente e prosperare la mia Nazione. Sono tutti loro e lo voglio essere tutti i giorni della mia vita così, semplicemente, con deferente rispetto nei loro confronti e di chi mi seguirà.
Concludo con questo pensiero tratto da un film che amo particolarmente e che la dice lunga su come la penso io sulla nostra identità nazionale: “Quando vi dicono che gente della mia terra è morta, diffidate, ha camminato molto nel mondo, per secoli, e può darsi che qualche volta gli venga il sonno pesante per la fatica, ma al momento di fare i conti si sveglia sempre, e i conti senza noi non si possono chiudere! Sembra un gioco ed è storia!” Oggi al Gianicolo abbiamo portato come Municipio una corona di fiori io ed il capogruppo di SEL ed eravamo contenti di questa coincidenza Uniti nella diversità, speriamo bene per il futuro dell'Italia Buona festa dell’Unità Nazionale
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