a cura di Federico Campoli
Dopo alcune difficoltà con la lingua, riusciamo finalmente ad incontrare Jean e Claire, due degli organizzatori della Grande Marcia dei Veilleurs. Ci ritroviamo sotto l’Arch de la Defense e, da dove siamo noi, si vede perfettamente l’Arc de Triomphe. Quello è il nostro percorso. Anzi, a dire il vero, dobbiamo andare ancora oltre, fino a Place de la Concorde, dove è prevista la Grande Veglia di fine marcia. Dobbiamo camminare per oltre sette chilometri. Jean ci dice che la Prefettura ha interdetto la manifestazione. Nonostante ciò, nessuno tra iveilleurs ha intenzione di tornarsene a casa. In ogni caso, spiega che non si tratta di una novità.
I “veglianti” non chiedono mai autorizzazioni, per il semplice motivo che non organizzano delle vere e proprie manifestazioni. Sedersi in un giardino o ai margini della strada, leggendo passi di libri e intonando canzoni può effettivamente essere considerata una “manifestazione”? Se la risposta è “sì”, allora la prossima volta che farete un pic-nic con i vostri amici chiamate prima la Questura per avvertirla.
In ogni caso, la Prefettura, anche qualora giunga la richiesta per manifestare, non darebbe comunque il via libera ad alcuna iniziativa. Jean dice che la polizia proverà a bloccare la nostra avanzata e che le cose potrebbero non finire bene. Per questo ci consiglia di scriverci sul braccio il numero del nostro avvocato e dell’Ambasciata italiana. Si tratta di una pratica comune, ormai, per i manifestanti che si oppongono alla legge Taubira del governo Hollande. La polizia, infatti, priva i fermati di telefoni cellulari e qualunque altro oggetto possiedano al momento del fermo. Jean spiega anche che, visti i presupposti poco rassicuranti, la marcia fino a Place de la Concorde si svolgerà principalmente in piccoli gruppi, così da rendere più difficile la cattura. Inizia così, in piccoli raggruppamenti di sei o otto persone alla volta che camminano silenziosamente verso la meta. Dopo poco bisogna attraversare il ponte sulla Senna. Da lì in poi, tutte e 5mila le persone che stavano tentando di non dare nell’occhio si ritrovano in fila, attaccati l’uno all’altro.
In pochi minuti, una decina di camionette della polizia cominciano a sfrecciare avanti e indietro sull’Avenue Charles de Gaulle. Addirittura, una barchetta delle forze dell’ordine ci sorveglia dal fiume parigino. Terminato il ponte, il corteo si divide. Alcuni continuano sulla strada principale, il nostro gruppo e altri, invece, prendiamo una parallela. Presto la polizia blocca entrambe le strade. C’è tensione nell’aria. Lo spirito notoriamente pacifico e silenzioso dei veilleurs viene messo a dura prova. Dopo qualche secondo, la polizia decide di indietreggiare, lasciando spazio alle sentinelle. A questo punto, come già era ovvio, non c’è più motivo di rimanere nascosti. Usciamo tutti allo scoperto, nuovamente sull’Avenue Charles De Gaulle. Nel frattempo, cominciamo a fare qualche domanda qua e là. Chiediamo come mai la polizia si dia tanto da fare per bloccare una manifestazione pacifica. La risposta è semplice e disarmante. “Il nostro ministro dell’Interno (Manuel Valls n.d.r.) ci odia. Non ci vuole” rispondono Jean e Claire. In realtà, spiegano i nostri interlocutori, una gran parte dei poliziotti sostiene e appoggia la lotta dei manifestanti. Purtroppo, però, devono seguire degli ordini imposti dall’alto. Ci spiegano poi che le caratteristiche fondamentali dei veilleurs sono “silenzio e discrezione”.
Riusciamo a parlare anche con alcune persone che semplicemente partecipano alla marcia. Questi chiedono come vanno le cose in Italia e si dimostrano tutti entusiasti della nostra presenza in Francia per l’evento. Poi raccontano di come la lotta francese sia tutt’altro che finita. Anzi, forse è proprio ora che iniziano i tempi più duri. Dopo qualche minuto, arriviamo a Place de la Port Maillot. Lì veniamo nuovamente ostacolati dagli agenti. Un grande cordone di poliziotti e camionette bloccano la strada. Così decidiamo ancora una volta di prendere una via parallela. Da quel momento in poi, ci avventuriamo per le vie interne di Parigi, lontani dalle grandi strade. Entro poco tempo, il corteo si divide nuovamente. Ci ritroviamo praticamente soli con Jean, Claire e altri due veilleurs. Arriviamo sull’Avenue de Ternes e arriviamo fino all’Avenue de Wagram. Da lì, prendiamo stradine sempre più lontane dal traffico e dalla polizia. Nel frattempo, troviamo la tranquillità necessaria per fare due chiacchere con le nostre “guide”. Ci spiegano tutto. Claire dice cosa sta succedendo in Francia. Racconta di come le nuove generazioni si stiano ribellando ai diktat del maggio del ’68 e che, adesso, è in atto una vera e propria controrivoluzione. Un termine che ormai non si sentiva più dai tempi della Vandea. Ma questa volta, non è semplicemente una guerra tra cattolici e giacobini. Per rispondere alla domanda su quali siano le formazioni da battaglia, bisogna citare le parole di un vegliante ai giornalisti: “Non so quanti veilleurs ci siano oggi, qui ci sono solo uomini liberi”. Continuiamo ad addentrarci tra le varie vie parigine. Chiedo a Jean se sia mai stato fermato dalla polizia. Mi risponde di sì, e mi racconta delle sue 23 ore di “garde a vue” (stato di fermo), per aver semplicemente partecipato ad una veglia.
Per sciogliere un po’ la tensione cominciamo a parlare del più e del meno. Uno di noi nota il rosario che una ragazza del gruppo porta legato alla cintura, e che accuratamente finisce nella sua tasca. Anche qualcuno tra noi italiani ne ha uno. Entrambi mostrano il proprio e si scambiano i vari convenevoli sul dove lo aveva preso o se appartenesse a qualche associazione cattolica. Jean, però, dopo aver osservato il rosario, ci consiglia di rimetterlo in tasca o sotto la maglietta. Scherzando, gli chiediamo se la polizia possa creare qualche problema anche sul simbolo religioso. Risponde una smorfia, per farci capire che sarebbe meglio così. Non si sa mai. Mentre camminiamo, gran parte della manifestazione arriva a Place de la Concorde. Lì, ad attenderli, c’è un importante dispiegamento delle forze dell’ordine. Jean e Claire vengono continuamente aggiornati telefonicamente. Ci dicono che la polizia ha chiuso la piazza e che, adesso, ci sono ben sessantaquattro camionette a presidio della zona. Gli agenti hanno sgomberato l’area sotto gli occhi dei turisti. I veilleurs non possono entrare. Tramite Twitter, riusciamo ad apprendere che un’intera compagnia di poliziotti è stata mobilitata per noi. Ma ancora, non è volata una sola parola storta da parte dei manifestanti. Nessun incidente. Nessuno slogan. Silenziosi e pacifici. Ma determinati.
I nostri accompagnatori chiamano la Prefettura chiedendogli di liberare la piazza per far entrare i veilleurs. Avviano un negoziato. Alla fine le forze dell’ordine liberano l’ingresso. Alle 22:00, dopo ben quattro ore e mezza di cammino (per un percorso che ne richiede al massimo due), riusciamo anche noi ad arrivare in piazza. La veglia è cominciata da pochi minuti. Appena mettiamo piede a Place de la Concorde vediamo le camionette della polizia, con lampeggianti e sirene accese, circondare l’area. I mezzi sono anche di più di quanti ci avevano detto. In piazza c’è sia la polizia, che la Gendarmeria (che in Francia sono un po’ come i nostri carabinieri). Nonostante tutto, prendiamo parte alla veglia. Quasi 3000 persone sono sedute per terra, al freddo e circondati da agenti in tenuta anti-sommossa. Davanti a ciascuno di loro una candela. A turno, gli organizzatori, in piedi davanti alla piazza, declamano passi di un libro, o raccontano la propria testimonianza. “Questa è una rivoluzione che parte dalla cultura” ci spiega Gaultier Bés, uno dei ragazzi che hanno dato vita ai Veilleurs. Gli chiediamo se, prima di dare vita a questa organizzazione, si aspettava un simile successo. “Assolutamente no, – dice Bés – noi non combattiamo per ottenere un risultato. Combattiamo perché dobbiamo”.
La veglia rimane in piazza ad oltranza. L’obiettivo è di trovare un accordo con la polizia e lasciare la postazione solo nel momento in cui siano gli agenti stessi a sgomberarla. Una vera e propria resistenza pacifica. Alla fine la veglia si conclude senza incidenti. Ma dopo tutto, mentre da un lato ci sono giovani che, sempre più numerosi, agognano a nient’altro che ai valori dei propri padri, viene sempre più da chiedersi cosa in questa Europa sia andato (e continui ad andare) storto.