da il giornale.it
Trieste. «La sveglia è chiamata poco dopo le
5. (...) Fa freddo, l'erba è umida e c'è una nebbiolina brinosa tutto
attorno. Riteniamo opportuno iniziare la giornata con un sorso di
whisky, che fa l'effetto di una fiammata in gola» scrive Almerigo Grilz il 18 maggio 1987 sul suo diario di guerra dell'ultimo reportage in Mozambico.
«In pochi minuti la colonna è in piedi. I
soldati, intirizziti nei loro stracci sbrindellati raccolgono in fretta
armi e fardelli. (...) Il vocione del generale Elias (...) li incita a
muoversi: Avanza primera compagnia! Vamos in bora!. In no time siamo in
marcia». Per Almerigo sarà l'ultimo giorno di appunti. All'alba del 19
maggio, il proiettile di un cecchino gli trapasserà la
nuca mentre filma la scomposta ritirata dei guerriglieri della Renamo
respinti dai governativi nell'attacco alla città di Caia. Grilz è il
primo giornalista italiano caduto in guerra dopo la fine del secondo
conflitto mondiale.
Trent'anni dopo Gian Micalessin e chi vi
scrive, i suoi compagni di avventura nei reportage, gli dedicano a
Trieste, la città dove è nato, la mostra fotografica Gli occhi delle
guerra - da Almerigo Grilz alla battaglia di Mosul. Un'esposizione unica
in Italia con 90 pannelli su 35 anni di reportage dall'invasione
israeliana del Libano nel 1982 fino al caos della Libia, la terribile
guerra in Siria e la sanguinosa battaglia contro il Califfo in Irak. La
mostra e il catalogo contengono anche le foto scattate da Almerigo
nel corso della sua breve, ma intensa attività in Afghanistan, Etiopia,
Filippine Mozambico, Iran, Cambogia e Birmania. L'esposizione, che si
inaugura oggi alle 18.30 con l'assessore alla Cultura di Trieste,
Giorgio Rossi, al civico museo di guerra per la pace Diego de Henriquez
rimarrà aperta fino al 3 luglio.
Della mostra fa parte una selezione delle pagine più significative delle agende (Guarda la gallery con le immagini)
che Almerigo Grilz utilizzava per annotare con precisione ogni momento
dei suoi reportage corredando il tutto con disegni e mappe dettagliate.
La futura vocazione e la passione del giornalista emerge pure dalle
pagine dei Diari del giovane Grilz con un Almerigo adolescente che
disegnava scene di battaglie storiche e descriveva gli avvenimenti della
sua Trieste. Il pubblico potrà sfogliare anche le bozze del fumetto Almerigo Grilz - avventura di una vita al fronte (Ferrogallico editore), dalla passione politica al giornalismo, che verrà pubblicato in settembre.
Un percorso nella memoria di un giornalista
scomodo e volutamente poco ricordato per il suo attivismo a destra, nel
Fronte della gioventù, negli anni Settanta, che non a caso Toni Capuozzo
ha definito l'«inviato ignoto». Oggi alle 19.30
Almerigo verrà ricordato a Trieste anche in via Paduina davanti a quella
che è stata la sede nel Fronte, l'organizzazione giovanile del
Movimento sociale italiano.
Al museo de Henriquez accanto alle foto
scorrono i filmati realizzati da Almerigo con la cinepresa Super 8. E
l'invito in studio nel 1986 di Ambrogio Fogar nel programma Jonathan
dimensione avventura dove Grilz con Egisto Corradi, storica colonna del Giornale e Maurizio Chierici del Corriere della Sera parlano del mestiere di inviato di guerra e dei suoi pericoli.
I
video comprendono anche i reportage di oggi sui Paesi senza pace come
Afghanistan, Siria, Libia, Irak realizzati grazie al progetto del giornale.it, Gli Occhi della guerra e al sostegno dei nostri lettori. E non manca il documentario L'Albero di Almerigo (guarda il video) che racconta la ricerca e il ritrovamento in Mozambico dell'antico albero ai piedi del quale riposa Almerigo Grilz.
La
mostra nel trentennale della sua scomparsa vuole essere anche un
tributo ai reportage in prima linea, in un periodo di media in crisi e
un omaggio non solo a Grilz, ma a tutti i giornalisti che hanno perso la
vita sul fronte dell'informazione per raccontare le tragedie dei
conflitti.
Nel 1986 in Mozambico, un anno prima di morire, Almerigo
annotava sul suo diario: «Mi sporgo fuori per filmarli: non è facile,
occorre stare appiattiti a terra perché le pallottole fischiano
dappertutto. Alzare troppo la testa può essere fatale».