mercoledì 14 febbraio 2018

Giungla Esquilino


Italianità


Quest’anno ricorre il centenario della vittoria della I Guerra Mondiale, in seguito alla quale l’Istria, Zara e poi Fiume entrarono a far parte del territorio italiano, completando il processo risorgimentale unitario.
 
Per ricordare questa ricorrenza abbiamo deciso di interrogarci non soltanto sulla storia del confine orientale ma su quell’elemento che ci rende popolo: l’italianità.
 
Un’identità fatta di lingua, cultura, tradizione, storia comune, comune sentire, che rappresenta il presupposto stesso per l’amore per la nostra terra e per la nostra gente.
 
Un’identità che interessò anche quanti, in Istria e Dalmazia, in seguito alla II Guerra Mondiale, non potendo accettare di sentirsi ospiti in casa propria decisero – anche in conseguenza delle persecuzioni titine – di rifugiarsi nella Madrepatria. Abbiamo perciò voluto sottolineare come sia importante riscoprire questo legame, in virtù del quale centinaia di migliaia di istriani hanno scelto la destinazione del proprio esilio.
 
Abbiamo provato a raccontare tutto questo in un manifesto in cui Nazario Sauro, l’eroe italiano e istriano della Grande Guerra, compare al fianco di Dante Alighieri, simbolo indiscusso e invidiato della nostra grande identità nazionale.
 
Ad accomunare i due personaggi, le cui vite furono temporalmente e geograficamente così distanti, fu proprio la comune appartenenza e dedizione all’italianità, al comune sentire della grande famiglia degli italiani che prescinde dal tempo, dallo spazio e dai confini degli Stati.

"Comitato 10 Febbraio"

martedì 30 gennaio 2018

Bloody Sunday


46 anni fa la voglia di libertà di un intero popolo 
venne schiacciata e repressa con violenza, 
arresti e pallottole scaricate senza pietà sulla folla inerme, 
questo è stato il Bloody Sunday, 
la domenica di sangue, una ferita 
ancora aperta per il popolo irlandese.
Sognavano un Paese libero ed unito,
forse un giorno lo sarà davvero.
Dedicato ai patrioti irlandesi.

La responsabilità che batte l’inganno (di A. Panigutti)


da alessioporcu.it 

Sulla questione della candidatura alle Regionali, il centrodestra è andato vicino all'autoannientamento. Colpa di un inganno politico e mediatico. Sventato grazie al senso di responsabilità. Il ruolo di Fabio Rampelli. In anteprima l'editoriale che verrà pubblicato nelle edizioni in edicola domani mattina di Ciociaria Oggi e Latina Oggi. 

Sulla candidatura di Sergio Pirozzi alla presidenza della Regione Lazio, nel centrodestra si è giocata la più pericolosa e delicata partita politica degli ultimi anni. Quella che ha minato le fondamenta di un’intera coalizione. Ma che più di tutte ha messo in discussione il futuro politico dei suoi azionisti di maggioranza: Forza Italia e Fratelli d’Italia.

Se c’è un vincitore assoluto di questa partita è Fabio Rampelli. Il quale, da solo o quasi, è riuscito a schivare le insidie di un’idea, quella di Sergio Pirozzi presidente, che aveva una facciata buona e spendibile ma l’animo di chi stava strumentalizzando prima di tutto un uomo e poi tutto quello che per cui è assurto al gradimento mediatico al solo fine di conquistarsi uno spazio politico altrimenti inimmaginabile.

Nel tranello ci stavano cadendo tutti. Assimilando quest’esperienza a quella della Capitale nessuno ragionava più sull’abnorme portata politica dell’operazione. In pochi valutavano l’inconsistenza delle truppe armate per un progetto basato esclusivamente sul calcolo e sulla convenienza e sulla necessità di riportare nell’agone politico un nuovo soggetto pieno di tanto populismo di basso rango e di una sfacciata ansia di arrivismo. Tutti concentrati sui sondaggi. Senza considerare il dopo di un eventuale vittoria. O peggio di una sconfitta.

Se oggi la Regione Lazio, pur con la resistenza in campo dell’insignificante armata brancaleone messa su da Francesco Storace e Gianni Alemanno, diventa contendibile con una candidatura importante e strutturata come quella di Stefano Parisi, il centrodestra lo deve allo spirito di squadra, alla visione e al ragionamento politico di un leader che ha saputo fare, senza porre condizioni, un passo indietro, dopo che tutti gli altri, proprio con i loro veti, stavano spianando la strada alla conquista leghista di tutta un’area di consenso e al ritorno sulla scena con il bottino pieno di Francesco Storace.

Grazie a Rampelli per una volta, nel centrodestra, la responsabilità ha vinto sull’inganno.

giovedì 18 gennaio 2018

Il silenzio degli indecenti su una gag da porcile


 da iltempo.it / di Marcello Veneziani

Claretta Petacci paragonata a un maiale. 
Lei che volle stare a fianco del suo uomo anche nella cattiva sorte.

Ma non provate vergogna, voi della Sette, Floris, Mentana e voi Autorità Vigilanti, Presidenti di Camere, Senato, Anpi, Femministe, davanti alla schifosa, incivile battuta di Gene Gnocchi – se questo è un comico – sulla scrofa che razzola tra i rifiuti romani e che lui ha battezzato con la genialità di un demente malvagio, Claretta Petacci?

Non stiamo parlando della macabra e bestiale macelleria di Piazzale Loreto, che fa vergognare ogni paese civile; non parliamo nemmeno di feroce vendetta contro un dittatore, un regime, una guerra. Qui parliamo di una donna che per amore solo per amore volle stare a fianco del suo uomo anche nella cattiva sorte, fino a condividere la morte, e prima lo stupro e poi lo scempio del cadavere. Non ebbe responsabilità durante il fascismo, Claretta Petacci, non trasse profitto, non consigliò mai Mussolini su nessuna scelta né lo spinse a commettere errori, non fece cerchio magico intorno al Duce. Fu amante appassionata e devota, spesso tradita, sempre ferita dall'essere comunque l'altra rispetto alla moglie e alla madre dei suoi figli. E persino lei, la sanguigna, verace Rachele, non ebbe parole di odio per la donna che restò al fianco di suo marito fino a farsi trucidare con lui, ma si lasciò sfuggire un moto sommesso di affetto e perfino di dolcissima invidia, perché avrebbe voluto essere stata lei al suo posto.

I versi di un grande poeta come Ezra Pound su Ben e Clara appesi per i calcagni resteranno nei secoli. Del resto ognuno ha il cantore che si merita: c'è chi ha Ezra Pound e c'è chi ha Gene Gnocchi. Ricordo anni fa che uno storico divulgatore, di cui per carità verso un defunto taccio il nome, scrisse un libro sugli amorazzi di Mussolini, sulle sue amanti e i suoi figli illegittimi e per promuovere il libro organizzò una cena in tema. Nel menù c'era “petto di tacchino farcito alla Claretta”. Mi parve allora bestiale quell'allusione spiritosa al petto della Petacci e soprattutto alla farcitura che poi nella realtà fu una sventagliata di proiettili. Ma quella spiritosaggine triviale sembra oggi una delicatezza da gentleman rispetto alla battuta da porcile di Gnocchi.

Femminicidio, violenza alle donne, sessismo, che considera l'amante femminile sempre una troia, volgarità in tv, correttezza di linguaggio: vanno tutti a puttane nel silenzio generale, col sorrisino compiaciuto di Floris, davanti a quell'atroce, feroce porcata di Gnocchi. Mi auguro che sia solo un frutto di abissale ignoranza, anche se è difficile pensare che uno anziano come Gnocchi non sappia almeno per sommi capi la storia. Un’ignoranza becera, comunque aggravata dal fatto che insultare i fascisti, calpestare i cadaveri loro e dei loro congiunti, è facile, hai dalla parte tua le istituzioni, i media, il conformismo della cultura, i parrucconi e i maestri censori. Magari ti scappa un contratto, una menzione, un elogio per il tuo intrepido coraggio antifascista. Mi auguro che la gente lo cancelli definitivamente dal novero dei comici; che resti a fare le sue serate comiche nei centri sociali, ma di quelli antagonisti feroci, o all'Anpi che non ha mai un moto di umanità verso i morti, i vinti e i trucidati o nelle sette sataniche. Che racconti a loro le sue troiate. E che finisca lui tra i rifiuti della tv spazzatura, insieme alla scrofa di cui ha meritato la parentela.

Migranti, piano choc di Bonino: "Permesso a 500mila irregolari"


da ilgiornale.it 

La leader di +Europa, Emma Bonino, parla di alleanze con il Pd e strategie per l'immigrazione: se vinciamo permessi di soggiorno temporanei.

Emma Bonino si avvicina al Pd, ma non troppo. Un'intesa elettorale tra +Europa e Matteo Renzi è "ancora possibile", dice l'ex radicale, ma ci sono punti del programma che tengono la tengono a distanza dai dem.  

Tra questi, spicca il tema immigrazione. Dove Marco Minniti ha agito col pugno di ferro, la pasionaria Bonino avrebbe usato un fiore; dove il ministro dell'Interno ha eretto muri, l'ex ministro degli Esteri avrebbe aperto le porte. E così in una lunga intervista a La Stampa, ieri Emma ha spiegato il piano immigrazione in caso di vittoria elettorale della lista europeista. Ed è un programma che per "risolvere il problema degli oltre 500mila irregolari" presenti in Italia, provvederà a consegnare altrettanti "permessi di soggiorno temporanei". Tradotto: sanatoria lineare per mezzo milione di clandestini.

Non è passata ancora alla Bonino la scottatura per le politiche messe in campo dal governo Gentiloni per "governare il flusso di migranti", scelte considerate "non un grande successo". "Il problema di Minniti - attacca - è quello di continuare a coltivare un certo sentimento generale dell' opinione pubblica invece di iniziare un racconto diverso del fenomeno migratorio". E sebbene l'ex radicale consideri "importante" frenare il flusso che dal Niger porta alla Libia per evitare di "ingrossare il bottino umano a disposizione delle milizie", non manca di redarguire chi si è "assuefatto" ai naufragi: "È bene sottolineare - spiega l'ex ministro - che in questi primi giorni di gennaio abbiamo avuto almeno duecento persone morte nel Mediterraneo, mille sono state salvate dalla Guardia costiera e dalle Ong rimaste e più di settecento sono state riportate dalla Guardia costiera libica in quei terribili centri di detenzione".

A preoccupare, però, non sono tanto le idee della Bonino su cosa avrebbe fatto se fosse stata al governo l'anno scorso, ma cosa intende realizzare in caso di vittoria elettorale. "Gliene dico una sola - spiega la radicale alla Stampa - Più Europa vuole risolvere il problema degli oltre 500 mila irregolari che ci sono in Italia con un permesso di soggiorno temporaneo, rinnovabile solo in caso di effettivo inserimento nel mercato del lavoro. Più immigrati regolari vuol dire non solo maggiori entrate previdenziali, ma più sicurezza e più legalità. Conviene a noi prima che a loro". Gli elettori sono avvertiti.

martedì 16 gennaio 2018

A Jan Palach


Il 16 gennaio 1969 #JanPalach, patriota cecoslovacco,
si immola dandosi fuoco a Piazza Venceslao nel cuore di Praga, 
una scelta volontaria e consapevole 
per far luce sulla repressione sovietica verso il suo popolo, 
muore dopo 73 ore di agonia. 
Amare la propria terra donando la vita.