da tribunaitalia.it
#RENZIACASA – In una Piazza del Popolo quasi gremita di persone, sfilano sul palco gli ospiti di Matteo Salvini: dal rappresentante degli esodati Claudio Ardizio, al pescatore ligure Lorenzo Viviani, passando per Gianni Tonelli, presidente nazionale del sindacato di polizia Sap.
A parlare c’è anche Simone Di Stefano, esponente di Casapound. Insomma, la destra sociale italiana e romana al gran completo. Appare in un videomessaggio anche Marine Le Pen, e a concludere il comizio c’è proprio lui, Salvini, l’aspirante leader del centrodestra. Ma a rubare la scena è stata Giorgia Meloni, Presidente dei Fratelli d’Italia. Con la solita veemenza che la contraddistingue, non ha risparmiato nessuno. Da Marino (a cui segretamente – ma neanche tanto- vorrebbe sottrarre la poltrona di sindaco di Roma), al Presidente del Consiglio (“Renzi è il figlio segreto di Vanna Marchi”), passando per le istituzioni europee, accusate di non prestare attenzione alle esigenze dei popoli del vecchio continente.
CHI E’ IL VERO LEADER? - Il discorso di Salvini è risultato noioso, monotono. Usa le stesse parole per esporre gli stessi concetti, somigliando sempre più al suo nemico Renzi. Ma a differenza del leader del Carroccio, l’ex sindaco di Firenze qualche volta cambia il tono di voce, non martellando le orecchie degli ascoltatori insistendo sulla stessa nota. Matteo Salvini avrà forse convinto chi voleva convincere, ma un vero politico si vede anche nella verve che mette per esprimere i propri pensieri. E’ sembrato quasi stanco, infiacchito, spossato, con una voce fastidiosamente gracchiante. Tutto il contrario la Meloni,
che col suo tono squillante e vivace ha saputo colpire gli astanti e
attirare l’attenzione anche di chi la ascoltava per semplice curiosità.
“Basta sbarchi, l’ISIS controlla le coste libiche. Vogliono
mandarci Prodi? Mandiamoci Prodi, così gli introduce l’euro e li
uccidiamo in qualche mese”, così esclama parlando della situazione libica. I temi sono inevitabilmente gli stessi di Salvini, ovviamente, ma lo stile e lo spirito sono profondamente diversi.
“L’unico Nazareno che rispettiamo è Gesù”, ha commentato la Meloni, che fa dell’ironia un suo punto di forza. Ironia che non sorride a Salvini, che ha saputo solo inventare una misera battuta: “Non dite vaffanculo che se no Renzi ci mette sopra una tassa”.
Isis, patto del Nazareno, ma non solo.
Colpisce proprio dove voleva colpire, quella sinistra odiata e con la puzza sotto il naso che, culturalmente, non può non attaccare:
“Basta tasse, ci stanno ammazzando! Lo so che alla sinistra piacciono
tanto, anche se poi l’intellighenzia della sinistra, uno come Gino
Paoli, nasconde i soldi in Svizzera per evadere il fisco. Soldi presi in
nero dalle feste dell’Unità”.
Non poteva non regalare qualche parola anche al sindaco Marino:
“Marino verrà posizionato fra le catastrofi della storia millenaria
della città appena dopo il sacco dei Lanzichenecchi e l’incendio di
Nerone. Non vogliamo vedere Roma ridotta così”.
Insomma, più che la consacrazione di Salvini, oggi è stata la giornata di Giorgia Meloni. Ma questo, spetterà agli elettori di destra deciderlo.