da corriere.it
Il leggendario soldato dell’esercito che non riconobbe la resa del 1945, aveva ceduto solo nel 1974 nelle Filippine
PECHINO - È morto in pace, a 91 anni, un uomo che aveva combattuto per
29 anni una guerra che per il mondo intero era finita. Il tenente
giapponese Hiroo Onoda era uno di quei soldati dell’esercito imperiale
che non uscirono dalle giungle dell’Asia quando Tokyo si arrese, il 15
agosto 1945. La sua avventura cominciò nel maggio del 1945: il generale
americano Douglas MacArthur aveva mantenuto la sua promessa, era tornato
nelle Filippine e le aveva liberate dai giapponesi. L’esercito del Sol
Levante perse decine di migliaia di uomini in quella campagna, meglio la
morte della resa. Ma quando ormai era chiaro che la battaglia era
persa, il tenente Onoda aveva ricevuto l’ordine di condurre azioni di
guerriglia. Si nascose nella giungla dell’isola di Lubang, vicino a
Luzon, ed eseguì la sua consegna. Per 29 anni, fino al 1974.
LA GUERRA INFINITA - «Ogni soldato giapponese era pronto a morire,
ma io ero un ufficiale dell’intelligence, e l’ultimo ordine che
ricevetti fu di condurre imboscate e azioni di guerriglia», raccontò in
un’intervista nel 2010. Dopo quell’ultimo messaggio Onoda e tre suoi
soldati furono tagliati fuori. Rimasero soli nella giungla.
LA VOCE DELL’IMPERATORE - Venne
il 15 agosto del 1945. Una voce che i giapponesi comuni non avevano mai
sentito parlò alla radio. Era l’imperatore Hirohito che annunciava
l’impossibilità di continuare la lotta, ordinava al suo esercito di
«sopportare l’insopportabile»: la resa. Una voce sconosciuta, parole
colte, frasi contorte. Il tenente Onoda non le capì o comunque non ci
volle credere.
GLI UOMINI PERDUTI - Onoda e i
suoi tre soldati continuarono ad eseguire l’ultimo ordine certo ricevuto
a maggio. Attaccarono villaggi, contadini. La storia dei giapponesi
isolati e irriducibili che rifiutavano la fine della Seconda guerra
mondiale o non ne erano a conoscenza cominciò a emergere, diventò
leggenda. Ce n’erano alcune decine in diverse zone del Pacifico, fino
all’isola di Guam. Furono lanciati volantini nella giungla per spiegare
che era tutto finito. Onoda ne trovò più d’uno: «Ma c’erano degli
errori, pensai che fosse un trucco degli americani».
DA SOLO - Passarono i mesi e gli anni. Uno degli uomini di Onoda fu catturato nel 1950. Altri due morirono
in combattimento, l’ultimo nel 1972. Il tenente Onoda attaccava e
uccideva: 30 filippini caddero nelle sue imboscate in quei 29 anni.
LA FINE - Tokyo aveva ospitato le
Olimpiadi nel 1964, aveva firmato trattati per riallacciare le
relazioni diplomatiche con tutti gli Stati della Seconda guerra
mondiale. Bisognava mettere fine anche alla guerra privata del tenente
Onoda. Il comando delle nuove Forze di Difesa capì che solo un uomo
poteva dare il contrordine all’ultimo dei giapponesi: quell’uomo era il
suo comandante del 1945, il superiore che gli aveva detto di resistere.
Il vecchio ufficiale fu mandato a recuperarlo. Era il marzo del 1974.
Dalla giungla filippina uscì un uomo che aveva ormai cinquant’anni, lo
stesso berretto del 1945, una giubba logora, lo sguardo d’un fantasma.
Ma ancora fiero: andò fino a Manila a consegnare la sua spada al
presidente delle Filippine. Salutò la bandiera e si arrese. Il governo
filippino gli garantì il perdono, nonostante Onoda si fosse lasciato
dietro una scia di morti. In patria fu accolto da eroe. Emigrò in
Brasile, aprì una fattoria, poi tornò a casa e tenne corsi di
sopravvivenza. È morto ieri in pace. Dopo di lui, l’ultimo combattente a
uscire dalla giungla fu il soldato semplice Teruo Nakamura, trovato in
un’isola dell’Indonesia nel dicembre 1974.