martedì 26 marzo 2013

Ungheria, la svolta rivoluzionaria



da azionetradizionale.com

Nonostante i suoi 48 anni Orbán è l’unico reduce dei movimenti di opposizioni anticomunisti degli anni Ottanta ancora in attività, ma soprattutto l’unico politico est-europeo che osa ancora opporsi all’idea di un’Europa post-comunista trasformata in gigantesca piattaforma commerciale al servizio della locomotiva tedesca. La formazione culturale e politica del primo ministro ungherese riflette la complessità del personaggio. Nato nel 1963 in una famiglia della tipica piccola borghesia di provincia, integrata e per nulla ostile al regime comunista, Orbán diventa un oppositore durante il servizio militare, compiuto nel 1981-82, negli anni plumbei della “piccola guerra fredda”, quando l’esercito ungherese, nonostante il paese soffra un pesante crisi di liquidità che lo porterà a un passo dalla bancarotta, continua a esercitarsi sull’ attacco al “nemico principale”, l’Italia. L’ottusità ideologica dei superiori e l’insensatezza della routine militare spingono il giovane Orbán a una rivolta generazionale ed esistenziale, prima ancora che politica.
Orbán e al suo movimento hanno un so che molto accattivante e paradossalmente rivoluzionario, i cui militanti non possono avere per statuto più di 35 anni e che viene considerato dalla “buona società” budapestina l’ala scanzonata della più rispettabile Alleanza dei democratici liberi (Szdsz), il partito dei dissidenti famosi in Occidente, da Gábor Demszky a György Konrád, da János Kis a Gáspár Miklós Tamás. Entrambi i partiti si collocano su una piattaforma ideologica confusa quanto accattivante: anticomunismo e filo-occidentalismo, sensibilità ai temi sociali ma liberismo economico, attenzione ai diritti umani e alle minoranze.
Orbán in un’epoca nella quale proprio a Bruxelles gli Stati membri difendono senza pietà i propri interessi nazionali.gode di una fama così negativa al di fuori dell’Ungheria? Il motivo di fondo sta nella diffusa ostilità pubblica (in privato molti politici europei concordano ma preferiscono non esporsi) ai postulati ideologici della sua svolta conservatrice, dall’impegno per le comunità ungheresi d’oltreconfine alla centralità della visione cristiana nei rapporti sociali, dalla difesa e promozione della famiglia tradizionale alla critica del relativismo culturale liberale.
La scelta del premier di centrodestra magiaro scatena l’ira della stampa internazionale e dell’Unione europea. L’Ungheria non piace all’Europa. E il sentimento sembra essere reciproco. Il premier Viktor Orban pensa più al proprio popolo, piuttosto che ai vertici dell’Unione europea. E questo non piace a Bruxelles. L’ultima eclatante e, secondo alcuni, “oltraggiosa” mossa attuata dall’amministrazione del leader del partito di centrodestra, Fidesz, è stata quella di nominare un nuovo Governatore per la Banca Centrale Ungherese (Mnb). Il suo nome è Győrgy Matolcsy, Ministro dell’Economia. E’ Orban stesso ad annunciare la nomina, tramite i microfoni di Kossuth Radio. Il Wall Street Journal aveva già ipotizzato da tempo che potesse avvenire questo stravolgimento all’interno dell’Ue, tanto che aveva intervistato Matolcsy sulle sue intenzioni.“La Banca centrale e il Governo dovrebbero cooperare tra loro” aveva risposto ad una delle tante domande l’ex Ministro dell’Economia.
Ovviamente, la scelta ha fatto adirare la stampa europea. “La Repubblica” definisce il gesto del premier magiaro come “una gravissima sfida ai princìpi del mondo libero e delle istituzioni economiche e finanziarie, dalla Banca Centrale europea al Fondo Monetario Internazionale”. C’era da aspettarselo. Nessuno in Europa vede di buon occhio i tentativi di nazionalizzazione bancaria, che Orban da tempo sta tentando di mettere in atto. E tutti hanno già cominciato a scalciare, strepitare e battere i piedi per terra. Ma, fino a prova contraria, l’Ungheria è uno Stato sovrano e il suo Governo è stato eletto liberamente e democraticamente dal popolo, che ad oggi ancora si rivela dalla sua parte. Tra l’altro, anche il Giappone sta attuando le stesse politiche del premier magiaro. Sempre secondo “La Repubblica”, Matolcsy prende il posto di Andras Simor, banchiere apprezzato da personaggi come Mario Draghi e dal Governatore della americana Fed, Bernanke, oltre che da vari capi di Stato, come Angela Merkel ed Obama. Insomma, un uomo di cui i nostri paesi si dovrebbero vantare. Ma ad Orban questo non interessa. D’altronde c’è un limite al volere della Germania, degli Usa o della troika. E il premier magiaro non è neanche molto incline a rispettare le direttive europee, dato che da quando si è insediato sia la stampa internazionale, sia il mondo delle istituzioni occidentali, non hanno fatto altro che dargli addosso.Insomma, l’inserimento di Matolcsy ha acquisito un sapore di nazionalizzazione che non piace a Bruxelles. Ma il nuovo governatore della Magyar Nemetzi Bank ha già dato dimostrazione di essere la persona giusta per questo compito. Sempre nell’intervista rilasciata al Wall Street Journal, alla domanda sulle politiche finanziarie europee, ha dichiarato che è un errore iniettare denaro nel sistema bancario a basso costo dalla Bce, a meno che non ci sia un fine specifico. Praticamente, si tratterebbe indirizzare i finanziamenti su obiettivi ben determinati. Insomma, quello che hanno detto anche alcuni personaggi qui da noi, in Italia. Attuare una sorta di “spending review”, ovvero ridistribuire i fondi europei con una maggiore specificità. Ma a questo “La Repubblica” non ha fatto caso. Per qualche strana ragione, non si è fatto caso a quando Mario Monti “consigliò” i nomi di Luigi Gubitosi e Anna Maria Tarantola per la dirigenza della Rai. Ma quando si parla di Ungheria si devono seguire le direttive europee. E su chi le sfida il colpo di martello deve cadere con maggiore violenza.
figurano la limitazione dei poteri della magistratura, della libertà di stampa e dell’autonomia finanziaria delle università. Il pacchetto comporta anche la potenziale “criminalizzazione” dei senzatetto, prevede che le chiese debbano collaborare con lo stato, blinda la natura eterosessuale del matrimonio e impone – sempre in via potenziale – ai laureati che hanno ottenuto borse di studio di lavorare in Ungheria per un determinato periodo di tempo.
La stampa estera denuncia quasi all’unisono queste misure. Mentre il ministro degli esteri Janos Martonyi,che ha appena inviato una lettera a tutti gli omologhi europei, tende a rassicurare e sottolinea l’eccessivo baccano mediatico. A Budapest c’è chi è sceso o scenderà in piazza contro Orban e prenderà invece le sue difese. Bianco e nero, buoni e cattivi. L’Ungheria continua a dividere e a dividersi.
E’ sempre più evidente che gli obiettivi della BCE e della commissione europea, che ha il potere esecutivo vero e proprio (mentre il parlamento europeo è soltanto un organo consultivo, senza potere legislativo), divergono sempre di più dalla Volontà Sovrana del Popolo e l’Ungheria ci da l’esempio, mettendo la propria banca centrale sotto controllo diretto del governo.
Tra le altre modifiche introdotte:
Si parte con la Corte Costituzionale, il cui potere di controllo sulle leggi approvate in Parlamento viene fortemente limitato. In pratica non potrà più discutere sui contenuti, ma solo sulla forma. Isupremi giudici magiari inoltre non potranno più fare riferimento alle sentenze emesse in passato: un azzerramento della giurisprudenza costituzionale.
Viene ridotta la possibilità per i partiti politici di fare campagna elettorale attraverso i media nazionali, mentre per i singoli cittadini potrà essere ulteriormente limitata qualora dovesse ledere la “dignità della nazione ungherese”. Vietati i dibattiti elettorali su radio e televisioni private.Se i clochard saranno trovati a dormire per strada saranno perseguiti penalmente. In oltre Orban ha introdotto una ordinanza secondo la quale, chi ha ricevuto durante i suoi studi sostegni da parte del governo non potrà abbandonare il paese per gli stessi anni della durata degli stessi. Questa è un’operazione atta a preservare e incrementare la forza lavoro, che solo i giovani laureati posso dare. Nient’altro che investire sul futuro del paese.
Una costituzione che rimette al centro la famiglia, che ridona sovranità alla nazione, che limita i poteri della finanza, che difende la propria terra dalla speculazione internazionale e dall’invasore straniero.
L’Ungheria di Viktor Orban fa paura. Fa paura ai vertici della finanza internazionale, ai burattini di Bruxelles, ai paladini della libertà e della democrazia.