da barbadillo.it
C’è chi dice “no”. Dinanzi alla crisi siriana – e alla cappa di disinteresse che la politica ufficiale italiana sta dimostrando sulla vicenda – c’è chi il problema dell’eventuale coinvolgimento militare dell’Italia se lo pone. Se da una parte, infatti, sono i “problemi” di natura interna (“cade o non cade il governo?”) a interessare i maggiori partiti della coalizione di larghe intese (che quindi delegano le faccende di politica estera agli “addetti ai lavori”, vedesi ministero degli Esteri della Bonino, come se la questione sia “diplomatica”), dall’altra esistono realtà che non rinunciano a ragionare politicamente sui perché di una crisi regionale e internazionale allo stesso tempo che l’intervento militare potrebbe peggiorare e rendere cronica invece che risolvere.
Attenzione però. Questa volta – a differenza dell’intervento in Afghanistan e in Iraq – il fronte degli scettici rispetto all’opzione militare non vede più in prima linea movimenti, sinistra radicale e quotidiani nazionali della gauche. Così come le tematiche: non più un pacifismo di maniera si contrappone alla guerra in Siria, ma ragionamenti che mettono in mezzo il rispetto per la sovranità, opportunità politica e geopolitica. Un chiaro “no”, ad esempio, è arrivato da Fratelli d’Italia che ha spiegato come il partito «non intenda avallare alcun intervento militare in Siria». Il no al coinvolgimento militare, come ha spiegato Giorgia Meloni, coincide con il fatto che «l’Italia ha già pagato il sostegno ai suoi alleati quando è stato necessario e giusto farlo, come nei conflitti in Iraq e in Afghanistan, esattamente come già contribuiamo attivamente a numerose missioni Onu, come in Libano e in Kosovo». Il punto è che adesso non è chiara «quale sia la strategia che Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti vogliono adottare in Nordafrica e in Medio Oriente». Secondo Fratelli d’Italia, allora, ci sarebbe un disegno (nel quale l’Italia non viene oltretutto coinvolta, tutt’altro) dietro l’accelerazione unilaterale a sostegno dei “ribelli” siriani, lo stesso già eseguito sul Maghreb: «Con l’intervento militare in Libia e il sostegno alle cosiddette “primavere arabe” si è fin qui ottenuto solo il risultato di destabilizzare l’area e rafforzare l’integralismo islamico. È quello che accadrebbe anche con un intervento militare in Siria. Il sospetto che queste grandi e piccole potenze militari siano mosse dalla volontà di accrescere la propria influenza geopolitica nell’area e che in nome di questo trascurino le conseguenze di medio e lungo periodo del loro agire è purtroppo sempre più forte, anche agli occhi di osservatori solitamente prudenti».
Sempre dal centrodestra – ma dal Parlamento europeo – è il deputato del Pdl Sergio Berlato a schierarsi apertamente contro la guerra: «Mi auguro che la coalizione di potenze occidentali con a capo l’amministrazione di Barack Obama desista dall’intenzione di intervenire militarmente in Siria, perché questo porterebbe a una spirale di conflitti non calcolabili e dalle conseguenze certamente catastrofiche per le popolazioni civili coinvolte, peraltro mettendo a repentaglio anche la sicurezza collettiva e la legalità in Europa». Berlato anzi, a proposito di Siria, ha rilanciato il tema sovranista: «Il nostro ruolo deve essere quello di difesa della sovranità delle nazioni e dei popoli, e Nashar Assad è il leader di un governo laico e legittimo di un Paese che da tempo sta cercando di combattere e arginare fronde qaediste supportate dalle potenze occidentali ed è ostile al fondamentalismo islamico». L’augurio insomma è quello di non incorrere «negli stessi errori del passato, quando Bush jr, con documentazioni poi rivelatesi inattendibili, sferrò un attacco all’Iraq di Saddam Hussein».
Sul fronte pacifista è Emergency – la storica organizzazione umanitaria di Gino Strada – a stigmatizzare l’eventuale ingresso del nostro Paese fra gli interventisti:
«L’Italia rifiuti l’intervento armato e si impegni invece per chiedere alla comunità degli Stati l’immediato intervento diplomatico, l’unica soluzione ammissibile secondo il diritto internazionale, l’unica in grado di costruire un processo di pace che abbia come primo obiettivo la tutela della popolazione siriana, già vittima della guerra civile».Stupisce, invece, il silenzio della sinistra radicale sull’argomento: nessuna manifestazione, nessun appello, nessun “allarme” lanciato dai movimenti che per anni hanno riempito le piazze contro “interventi” del genere. Di routine, infatti, vi è stata la dichiarazione di Sel che ha spiegato di essere «contraria ad un intervento armato, per quanto limitato o chirurgico che sia», a maggior ragione «al di fuori della cornice di legittimità fornita dalle Nazioni Unite, che rischia di far precipitare l’intera regione in una tragica spirale di violenza». Insomma, se dovesse dire di sì l’Onu anche il partito di Vendola e Boldrini accetterebbe l’intervento. Eh già, finiti i tempi in cui la sinistra italiana brandiva “senza se e senza ma” la Costituzione, quella che «ripudia la guerra…».